Comitati etici e fine vita
Chi valuterà le richieste di suicidio medicalmente assistito?
Il Ministero della Salute dovrebbe a breve approvare un decreto che ridisegnerà la mappa dei Comitati per la valutazione delle sperimentazioni cliniche su farmaci e dispositivi medici in Italia. Si tratta di una riconfigurazione importante e necessaria, che permetterà di allineare il numero e la composizione dei comitati etici per le sperimentazioni nel nostro Paese con ciò che è già previsto dalle normative europee (Regolamento UE 536/2014) e dal “Decreto Lorenzin” (legge 3/2018).
Il nuovo decreto, però, dovrà affrontare anche un’altra questione in parte nuova e delicata, e cioè a chi affidare la valutazione delle richieste di accesso al suicidio medicalmente assistito come previsto dalla sentenza della Corte costituzionale n. 242 del 2019 sul caso “Cappato-Antonini”.
Le alternative possibili sono tre.
La prima è di affidare questo compito proprio ai nuovi comitati etici per le sperimentazioni cliniche. Visto che questi comitati saranno selezionati tra quelli già esistenti, questa soluzione permetterebbe di utilizzare delle istituzioni già operative su tutto il territorio nazionale senza il bisogno di creare nuovi comitati o commissioni ad hoc.
La seconda opzione, invece, è di affidare questo compito ai meno noti “comitati per l’etica nella clinica”. Questi comitati non si occupano di valutare ricerche, ma di promuovere l’umanizzazione delle cure e il rispetto della dignità della persona nelle strutture sanitarie. Per finalità, competenze e composizione, i comitati per l’etica nella clinica sarebbero quindi i più indicati a rilasciare pareri su decisioni cliniche personali come quelle sul fine vita. Questi comitati, però, sono presenti solo in alcune regioni e, quindi, bisognerebbe crearne di nuovi prima di affidare loro un simile compito.
La terza opzione, più di buon senso, infine, sarebbe di affidare la valutazione delle richieste di accesso al suicidio medicalmente assistito ai comitati per l’etica nella clinica ove questi sono già presenti e, in tutti gli altri casi, ai nuovi comitati per le sperimentazioni cliniche, purché opportunamente integrati. In questo modo si potrebbero sia valorizzare le competenze e le buone pratiche di etica clinica già esistenti, sia evitare di creare nuove discriminazioni su base territoriale.
Qualunque sia la decisione finale, la speranza è che si decida presto in un senso o nell’altro, nella consapevolezza che ci sono già molte persone che attendono di vedere riconosciuti i propri diritti.