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Come un direttore d'orchestra: il microbiota

La scoperta della flora microbica e dei suoi ruoli è appena cominciata

Come un direttore d'orchestra: il microbiota

Era il 2008 quando Maria Rescigno*, biologa specializzata in Biotecnologia applicata, oggi professoressa di Patologia generale, scrisse un editoriale sull’asse intestino-cervello. L’articolo pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica Mucosal Immunology rappresentava uno dei primi passi di una nuova area di ricerca scientifica che si è enormemente intensificata nel corso degli ultimi anni. Da allora, infatti, di strada ne è stata fatta parecchia, anche se il percorso, narrato in un libro appena uscito per Vallardi Ed., dal titolo appunto Microbiota Geniale a firma della stessa Maria Rescigno, è ancora lungo, articolato, complesso e, soprattutto, ricco stimoli e quesiti ancora irrisolti. L’obiettivo quello di indagare e comprendere sempre meglio questo legame a doppio filo tra intestino e cervello. Una connessione che costituisce una rete biredizionale a influenza continua e reciproca. «Molti pazienti con malattie infiammatorie croniche dell’intestino, come la colite e la malattia di Crohn, o anche con sindrome metabolica o statosi epatica non alcolica, soffrono di ansia e depressione» esordisce la Rescigno nell’incipit del suo libro. «In modo del tutto speculare, pazienti con patologie del sistema nervoso, ad esempio malattie neurodegenerative, autismo e schizofrenia, soffrono spesso di disturbi intestinali. A partire da queste evidenze è stato a lungo postulato che esistesse un asse di connessione tra intestino e cervello. Questo canale di comunicazione, come ampiamente dimostrato dalle recenti ricerche, è regolato finemente dal microbiota».

GLI STUDI SUL MICROBIOTA

Lo studio del nostro microbiota intestinale risale all'inizio del XX secolo. Erano i tempi in cui Louis Pasteur si interessava ai batteri patogeni, mentre uno dei suoi brillanti studenti, Elie Metchnikov (nella foto, ritratto nel suo laboratoriio - crediti: Harry Davidson, Public domain, via Wikimedia Commons), aveva iniziato ad occuparsi, a pochi anni di distanza, delle proprietà dei batteri nel nostro intestino. Elie Metchnikov era un biologo e immunologo russo. E, se la scoperta del meccanismo della fagocitosi (la capacità di diverse cellule di ingerire materiali estranei e di distruggerli) gli era valsa il premio Nobel della Medicina nel 1908 assieme a Paul Ehrlich (microbiologo e immunologo tedesco), interessanti furono i suoi molteplici studi sulla longevità delle popolazioni caucasiche. Aveva così evidenziato la causa del ritardo dell’invecchiamento nell’assunzione con la dieta di acido lattico e fermenti lattici. Erano stati in questo modo evidenziati gli effetti benefici dei fermenti lattici (forniti da latte fermentato e yogurt) sulla flora intestinale e cioè il microbiota e, più in generale, sul nostro organismo. Si tratta comunque dell’elaborazione di un’intuizione antichissima, già evidente ai Greci. Ippocrate (400 a.C.) aveva infatti intuito l’importanza dell’omeostasi gastrointestinale e dei fenomeni di disbiosi, affermando che “la morte risiede e origina nell’intestino”. «Oggi - spiega Rescigno - sappiamo che non esiste patologia il cui studio e la cui cura possano prescindere dal microbiota. Per questo si tratta di un ambito di studio che interseca diverse discipline, dalla microbiologia alla neurologia, dalle scienze nutrizionali alla psichiatria».

CHE COSA È IL MICROBIOTA

«Il microbiota, in parte trasmesso dalla mamma alla nascita - prosegue Maria Rescigno - è composto per la maggior parte da batteri, cui si aggiungono virus, funghi, parassiti e Archea, organismi unicellulari simili a batteri. I microbi possono essere simbionti, ovverosia protagonisti buoni di un circolo virtuoso o patobionti, organismi meno buoni perché potenzialmente dannosi e capaci, in determinate situazioni, di prendere il sopravvento sugli altri. I patobionti sono però batteri dalla doppia personalità, il cui compito, estremamente prezioso, è quello di allenarci a riconoscere i microbi patogeni, cioè quelli veramente cattivi, che possono costituire un rischio per la nostra salute. Un microbiota armonico (in gergo tecnico questa condizione è detta di eubiosi) richiede la presenza equilibrata di entrambe le classi. In mancanza di tale equilibrio, l’orgasmo rischia di trovarsi in una condizione infiammatoria, in cui il sistema immunitario è iperstimolato, o immunodepressiva, in cui invece l’attivazione del sistema immunitario è troppo bassa. Lo squilibrio del microbiota (o disbiosi) può provocare danni alla barriera intestinale, aprendo le porte a una serie di patologie potenzialmente anche molto gravi». La premessa è che il mondo è fatto di microbi e che i nostri microbi ospiti vivono prevalentemente (80%) nell’intestino con l’obiettivo di far funzionare appunto correttamente il nostro corpo regolando funzioni come la digestione, la protezione nei confronti di microrganismi “cattivi”, l’educazione del sistema immunitario, la sintesi delle vitamine e… il buon funzionamento del cervello.

IL NESSO INTESTINO-CERVELLO

Già nel Diciottesimo secolo l’anatomista francese Marie Francois Xavier-Bichat, uno dei padri della moderna istologia, aveva compreso che l’intestino possedeva un proprio sistema nervoso, diverso da quello centrale; due secoli dopo, Michael D. Gershon lo definì “il nostro secondo cervello”. Gershon (1938, New York) è stato il responsabile del Dipartimento di Anatomia e Biologia cellulare della Columbia University ed è attualmente considerato uno dei fondatori della neurogastroenterologia. Da lì gli studi si sono susseguiti nel corso degli anni, fino all’identificazione nel 2015 da parte di Maria Rescigno di una barriera vascolare nell’intestino, «che assomiglia - spiega la professoressa -alla ben nota barriera ematoencefalica e che controlla tutto ciò che dall’intestino giunge fino ai vasi sanguigni. La presenza di una barriera vascolare, sia nel cervello sia nell’intestino, dimostra, dunque, l’ennesimo parallelismo tra questi due organi. Qualche anno dopo nel 2021 abbiamo identificato una ulteriore barriera, questa volta nel cervello, detta barriera vascolare del plesso, così chiamata perché si trova nel plesso coroideo, una struttura posizionata nella regione più profonda del cervello. La sua funzione è della di controllare quali sostanze presenti nel circolo sanguigno possano passare nel liquido cerebrospinale e raggiungere così il cervello. Come tutte le barriere anche questa può aprirsi e chiudersi in relazione a determinati stimoli».

IL SENSO DI QUESTE SCOPERTE 

Gli scienziati hanno dimostrato che quando i microbi prendono il sopravvento, ad esempio in caso di disbiosi, possono entrare in circolazione sostanze infiammatorie, estremamente pericolose per tutto l’organismo e in particolare per il cervello. «Per questa ragione - spiega Maria Rescigno - l’endotelio del plesso coroideo reagisce rapidamente, ergendo una sorta di sbarramento e bloccando così l’interazione tra il cervello e il resto dell’organismo. L’isolamento che ne consegue è però responsabile di fenomeni ansiogeni e può spiegare perché molti pazienti con malattie infiammatorie intestinali soffrano di ansia. E se l’isolamento messo in atto dal cervello può sembraci un aspetto negativo, per le ricadute sul piano dei disturbi dell’umore, in realtà di tratta di un’azione difensiva fondamentale. Se la barriera non si chiudesse, infatti, l’infiammazione potrebbe propagarsi e portare alla degenerazione di alcune zone cerebrali con conseguenze ancora più negative come, ad esempio, lo sviluppo di malattie neurodegenerative come l’Alzheimer o la malattia di Parkinson. Ma quando questa barriera si apre? E che cosa determina una risposta anziché un’altra? Questi sono alcuni dei quesiti a cui la ricerca sta cercando di rispondere».

LA DIVERSA COMPOSIZIONE DEL MICROBIOTA INTESTINALE

Un dato è assodato: nei pazienti con malattie neurologiche, anche il microbiota ha una composizione diversa rispetto ai soggetti sani e le modificazioni sembrano dipendere dal tipo di patologia, come evidenziato in studi scientifici del 2017 e 2018. «Partendo da questo presupposto, noi scienziati ci stiamo ora chiedendo se i cambiamenti del microbiota siano un effetto o essi stessi causa della malattia» prosegue l’esperta. Una delle possibilità è che un diverso metabolismo cellulare o le modificazioni del sistema immunitario, spesso presenti in caso di disturbi neurologici, possano determinare i cambiamenti della flora microbica. Altra ipotesi, invece, confermata da studi condotti su modelli preclinici, vedrebbe un diretto coinvolgimento del microbiota alterato nello sviluppo della malattia e, a sua volta, potrebbe ulteriormente modulare il microbiota durante il suo decorso».

*Maria Rescigno è professoressa di Patologia generale e Pro Rettore Vicario con delega alla ricerca all'Humanitas University, Group Leader Unità di Immunologia delle mucose e Microbiota – Humanitas Research Hospital.



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