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Ogm: il beneficio del dubbio

Il dibattito attorno al tema della ricerca scientifica pubblica e dell’uso commerciale di derivati da piante OGM ripercorre le strade che da sempre hanno visto le comunità umane chiudersi attorno a delle certezze indiscutibili

Ogm: il beneficio del dubbio

Il dibattito attorno al tema della ricerca scientifica pubblica e dell’uso commerciale di derivati da piante OGM ripercorre le strade che da sempre hanno visto le comunità umane chiudersi attorno a delle certezze indiscutibili. L’ascolto di posizioni ed opinioni diverse dalle proprie è sempre stato visto come un delitto, una contaminazione, un peccato, un tradimento. Inutile scomodare singoli episodi per richiamare quanto sia sedimentata questa convinzione che ignorare o negare anche l’esistenza di opinioni diverse dalle proprie sia sempre stata una strategia praticata sia da piccoli gruppi che da vaste comunità. Gli OGM ripercorrono inevitabilmente le stesse strade.

In questi giorni la Senatrice a vita e docente della Statale di Milano Elena Cattaneo ed il professore di Storia della Medicina della Sapienza di Roma Gilberto Corbellini hanno coordinato la redazione di un breve testo che ripercorre ancora una volta le tesi che legano tra loro i vari fronti di dibattito che gli avanzamenti scientifici hanno posto nel dialogo con il pubblico. Mettendo in fila il caso Stamina, la vicenda dei vaccini ed i dubbi sull’autismo, il dibattito attorno alla sperimentazione animale ed altre storie simili, i due sono giunti naturalmente a citare il caso degli OGM. Due testi diversi sono stati appena pubblicati su La Stampa e su Repubblica.

La cosa non è piaciuta a molti e tra questi non poteva mancare Il Manifesto che con un articolo del dott. Bevilacqua ha fatto le pulci alle tesi dei due docenti. Fin qui tutto nella norma. Dove nasce il problema? Nasce quando nella tarda serata del 23 aprile mi iscrivo al sito del Manifesto e tento per ben tre volte anche da diverse postazioni di aggiungere un commento all’articolo del Bevilacqua. Mai passato nessun testo. Mai pubblicato un solo commento, il testo del Manifesto http://ilmanifesto.it/la-gaia-scienza-degli-ogm/ resta solo ed inviolato. Nessuno apparentemente ha osato controbattere alle tesi dell’articolista.

La scelta del Manifesto di negare il contraddittorio non stupisce certo e non è una scelta isolata, la stessa vicenda mi era appena capitata col giornalino on line di una sigla sindacale minore: Il Foglietto. Si tratta di strategie editoriali molto comprensibili e per capire quanto sia difficile fare la scelta opposta basta guardare questo sito da Il Fatto Quotidiano: http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/04/15/ogm-chi-ci-mangia/951227/#disqus_thread . L’articolista non ama di certo gli OGM come probabilmente anche molti lettori del Fatto, ma i commenti (ben 471) sono di tutt’altro tenore. Ci sono molto persone che scrivono in favore degli OGM, spesso sono persone molto qualificate, che hanno ottimi argomenti, scientificamente corretti e documentati. Anche tra gli oppositori degli OGM che commentano questo testo  si trovano persone colte e competenti come ad esempio un signore che spiega come lui non acquisti Parmigiano reggiano o Prosciutto di Parma perché sa che gli animali da cui derivano quei prodotti sono alimentati con mangimi OGM.

Insomma resta il dubbio se sia meglio scrivere e non accettare commenti o esporsi alla pubblica arena dove le tesi degli strateghi delle redazioni potrebbero venire ridicolizzate dai lettori della rete.

Ora qualcuno potrebbe immaginare che il mio commento postato sul sito del Manifesto fosse offensivo o insensato, per fare in modo che ognuno se ne possa fare un’opinione, riporto qui sotto il testo che è tutt’ora in attesa di moderazione.

La demonizzazione ideologica degli OGM

Il dott. Piero Bevilacqua sul Manifesto di ieri 22 aprile, stigmatizzava le posizioni assunte da Elena Cattaneo e Gilberto Corbellini  a sostegno della validità scientifica della tecnologia delle piante OGM. I due docenti spiegavano che soia e mais OGM costituiscono la dieta principale di vacche e maiali destinati alle produzioni dei migliori prodotti italiani DOP ed IGP (in buona sostanza i prodotti dei più prestigiosi Consorzi di tutela), ma che i nostri agricoltori non potevano coltivare quegli stessi mangimi che così dovevano essere acquistati all’estero. La posizione di Bevilacqua è: ”E non è piuttosto conveniente, anche sotto il profilo economico, avere soia e granoturco non OGM, cioè piante più sicure, che si presentano sul mercato come un prodotto qualitativamente superiore, se non altro perché non hanno dovuto coesistere con erbicidi e pesticidi devastatori dell’ambiente?”. Da una simile affermazione un normale lettore potrebbe capire che si possono coltivare soia e mais in Italia senza usare prodotti chimici e che il prodotto che si ottiene è non solo rispettoso dell’ambiente, ma anche economicamente vantaggioso (ci auguriamo anche per il consumatore). La realtà è esattamente l’opposto. Per coltivare soia non OGM in Italia si usano anche sei diversi tipi di erbicidi, uno dei sei erbicidi sarebbe l’unico erbicida necessario se si potesse coltivare in Italia soia OGM, solo che sulla soia OGM si userebbero dei dosaggi inferiori a quelli che stiamo usando oggi su soia non OGM. Altrettanto dicasi per il mais che se non irrorato con almeno due trattamenti di pesticidi (che uccidono anche fagiani, lepri, passeri, coccinelle ed api) lascerà proliferare un parassita endemico, la piralide, che porterà il mais ad essere inquinato da pericolosi funghi tossici per l’uomo quali le fumonisine (http://www.treccani.it/enciclopedia/fumonisina_%28Dizionario-di-Medicina%29/ ).

Gli insetticidi riducono del 76% l’incidenza delle fumonisine nel mais (http://www.regione.piemonte.it), il mais OGM riduce tra le 3 e le 10 volte l’inquinamento da tali tossine senza usare pesticidi. La stessa organizzazione dell’agricoltura biologica statunitense (www.organic-center.org) ammette che l’uso di OGM del tipo Bt  ha evitato l’uso di 56mila tonnellate di insetticidi in sedici anni di uso degli OGM. Ora forse il dott. Bevilacqua voleva proporre l’uso esclusivo di prodotti da agricoltura biologica esenti da pesticidi per tutti gli italiani. Tale pratica agricola, però, non previene in alcun modo i rischi di inquinamento da fumonisine nel mais, per i suoi prezzi al consumo è economicamente molto penalizzante per gli strati meno abbienti della popolazione italiana e prescinde da una seria analisi dell’impatto ambientale prodotto da farine animali e scarti di macellazione usati come fertilizzante in agricoltura biologica.

In definitiva se si vuol tenere conto di tutti i fattori in
gioco, scartare l’opzione dell’agricoltura con OGM non appare un approccio
scientificamente motivato o che tiene in giusta considerazione gli aspetti sanitari, ambientali e tanto meno gli aspetti economici.

Roberto Defez



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