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Medici che lavorano troppo e medici che lavorano troppo poco

Cartellino giallo dall'Europa agli orari senza limiti per i camici bianchi italiani. Sfruttamento o avidità, ne va della nostra salute

Medici che lavorano troppo e medici che lavorano troppo poco

Lavorare stanca...soprattutto i camici bianchi. Soprattutto i camici bianchi italiani. Lo dice la Commissione europea. E c'è da crederle, considerato che, dopo le orecchie da mercante fatte ripetutamente dall'Italia, ha deciso di rinviare ora la questione alla Corte di Giustizia europea. Già lo scorso mese di maggio era arrivato un "parere motivato" spedito da Bruxelles (che per l'Unione Europea equivale a un cartellino giallo). La "Direttiva sull'orario di lavoro ai medici che lavorano nel servizio sanitario pubblico" emanata a livello comunitario impone un tetto di 48 ore settimanali e turni di riposo, diritti dal cui godimento sarebbero però esclusi - secondo la normativa italiana - i dirigenti medici del Belpaese. E non è questione da poco, considerato che tutti i medici del nostro servizio sanitario nazionale sono contrattualizzati come dirigenti. Meri tecnicismi sindacali o giuslavoristici? Macché. Questione di salute e non solo dei medici.

Un medico sottoposto a turni di lavoro usuranti non è certo la migliore garanzia di affidabilità e lucidità per chi ha bisogno di cure. Come la maggior parte delle Direttive comunitarie (quelle che non nascono su sapiente sollecitazione delle lobby), anche quella sul tetto orario per il lavoro dei medici nasce per tutelare i cittadini prima ancora che i lavoratori. In questo limbo di dirigenti perlopiù senza diretti sottoposti e con pochi diritti, c'è però al solito chi ci marcia: quanti fanno leva sulla reperibilità e sui turni lunghi per raddoppiare lo stipendio; quanti organizzano i turni di reparto facendo tirare il collo ai "sottoposti" (ancorché con il contratto da dirigenti) per tagliare i costi del personale e fare bella figura col direttore sanitario, "ottimizzando" a spese della qualità delle prestazioni e in taluni casi della sicurezza dei pazienti; quanti cercano di fare di necessità virtù e realizzano delle vere alchimie da foglio excel (che va tanto di moda) per far fronte al blocco dei turn over del Servizio Sanitario Nazionale.

 Ci sono poi altre situazioni che sfuggono all'occhio attento dell'Europa: primo tra tutti, come tutelare la salute dei cittadini dall'usura dei medici che, dipendenti del Servizio Sanitario Nazionale, lasciano cadere il fonoendoscopio allo scadere dell'orario minimo, per correre in qualche studio privato o in qualche clinica per "iniziare a lavorare davvero"? Per non parlare dei medici, ma anche degli infermieri e dei tecnici ospedalieri, in particolare di quelli che lavorano nei pronto soccorso, costretti dall'evanescenza dei colleghi di medicina generale o dei pediatri di libera scelta, a fronteggiare richieste pressanti ma nella stragrande maggioranza dei casi non urgenti.
Se devo affidare la mia salute, la mia vita, nelle mani di un professionista, mi piacerebbe trovarlo sereno, sollecito, incline all'ascolto, affidabile insomma. Un medico che risponde in maniera scontrosa perché è alla trentesima visita ed è in ambulatorio da dodici ore, o che sbadiglia, che smanetta al cellulare o che guarda con insistenza l'orologio (e non per contarmi il battito) è un tradimento della mia fiducia. Se è sottoposto a superlavoro dalla struttura è un problema organizzativo. Se (si) è sottoposto a superlavoro da attività extramoenia è un problema di avidità. In entrambi i casi bisogna intervenire. Con o senza direttive.

Marco  Magheri



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