Chiudi

La prevenzione dei tumori femminili va in carcere

A Rebibbia il primo centro di prevenzione mobile per la salute delle donne. Un progetto nato dall'idea del giornalista Francesco Marabotto

La prevenzione dei tumori femminili va in carcere

La salute carceraria è un tema di cui si parla sempre troppo poco e ancor più raramente si parla di prevenzione carceraria. Assicurare chi ha sbagliato alla giustizia fa parte del nostro sistema di rieducazione ma condannare una persona reclusa al rischio di contrarre un male non fa parte di una società che voglia dirsi civile. Questo deve aver pensato Francesco Marabotto, giornalista, amico fraterno e persona impegnata nel volontariato quando immaginava di portare la prevenzione dei tumori femminili nelle carceri. Oggi l'idea di Francesco - mancato all'inizio del 2014 - diventa realtà per le 450 donne della Casa Circondariale di Rebibbia a Roma, il più grande carcere femminile d'Europa. Garantire lo screening dei tumori femminili in maniera sistematica e diffusa si scontra in carcere con le esigenze di sicurezza. Per fare una mammografia o un’ecografia ogni donna dovrebbe essere accompagnata con scorta in una struttura sanitaria, con un’organizzazione e dei costi impensabili oggi.

A meno di non portare “la montagna da Maometto”, ossia allestendo in carcere – grazie a pulmini, macchinari mobili e personale specializzato, un vero e proprio centro di prevenzione e di diagnosi precoce. L’Associazione VIC Volontari In Carcere e l’Associazione Susan G. Komen Italia per la lotta ai tumori del seno insieme alla Direzione della Casa Circondariale Femminile Rebibbia hanno così unito le forze ed è ora possibile  fare lo screening mammario con l’ecografia per le donne sotto i 40 anni e la mammografia per quelle che hanno un’età superiore. «Portare la prevenzione secondaria tra le donne del carcere – si legge nel materiale di presentazione del Progetto Francesco Marabotto per la salute in carcere - vuol dire restituire dignità e identità di genere anche a chi sta scontando una pena; vuol dire pensare alle donne non per il reato commesso ma come donne che hanno un futuro e hanno diritto a un futuro in salute; vuol dire rendere il carcere un’occasione di crescita e di cambiamento anche rispetto al proprio corpo e alla sua cura, alla attenzione a sé e agli altri nella gestione della salute». Nelle proprie ultime volontà Marabotto aveva indicato la realizzazione del progetto per la salute in carcere. Ancora una volta, grazie Francesco, anche da parte di quelle donne che per merito della tua intuizione e della pervicacia di tua moglie Daniela all'interno del VIC, potranno sperare in un futuro in salute.

Marco Magheri
@marcomagheri 



Commenti (0)

Torna a inizio pagina