Comunicazione in provetta
Parliamo della nascita "in provetta" della buona comunicazione, o meglio, del ruolo strategico della comunicazione in sanità
Non so se si possa sollevare in questo caso qualche obiezione - con i relativi distinguo- tra omologa ed eterologa... eppure etica e provette sono le vere protagoniste di questo post. Parliamo della nascita "in provetta" della buona comunicazione, o meglio, del "ruolo strategico della comunicazione in sanità".
L'Ordine Nazionale dei Biologi ha realizzato su questo fronte una iniziativa di sistema senza precedenti: un vero e proprio tour di professionisti ed esperti di comunicazione in sanità per formare ed aggiornare i biologi italiani su come comunicare la propria professione. Venti tappe lungo lo stivale, isole comprese. Si tratta di una iniziativa illuminata e illuminante che può essere presa a modello e adattata ad altre professioni sanitarie o al mondo medico.
Ma perché mai la comunicazione dovrebbe essere una competenza importante, addirittura strategica, per un biologo? Anzitutto, per aiutarlo a spiegare al mondo che i biologi non sono solo laboratoristi o esperi di sicurezza alimentare, ma si occupano di settori avanzati e multidisciplinari del progresso umano, dalla genomica alla genetica forense. Un ricercatore che sa comunicare efficacemente - e non lo scopriamo certo oggi - riesce infatti ad attrarre maggiori finanziamenti per le proprie ricerche, diventando egli stesso un pezzo pregiato per l'azienda nella quale lavora.
Particolare attenzione da parte degli organizzatori del corso di aggiornamento per i biologi è dedicata al tema dell'etica della comunicazione, mettendo in condivisione quegli elementi che connotano, o dovrebbero farlo, la comunicazione in campo biomedico e sanitario. Dal più banale divieto di cantare le lodi a mezzo stampa, web o tv di un farmaco chiamandolo col nome commerciale, agli assunti contenuti nella Carta di Treviso, tanto invocati quanto disattesi quotidianamente. Un esempio da imitare.