Non «bersele» tutte: a lezione di salute con buoni maestri
Miur e Ministero della Salute nelle scuole per la tutela della salute, ispirata al ruolo delle istituzioni
L’introduzione nell’ordinamento didattico della promozione della salute è una delle più rilevanti scelte di cui le istituzioni di tutela della salute e dell’istruzione potessero avvalersi per contrastare la sottocultura dilagante di stili di vita ispirati a fattori di rischio che sono stati per troppo tempo sottovalutati dalle agenzie educative (prima tra tutte la famiglia) e dalle competenze delle autorità che hanno come mandato la tutela dei minori, la loro educazione e la loro istruzione. Ruolo, quest’ultimo, che ha spesso frainteso le competenze delle quali i minori hanno il diritto di avvalersi negli istituti scolastici e che devono assicurare che alle menti degli studenti abbiano accesso esclusivamente interlocutori legittimati nel ruolo da un riconoscimento delle competenze proprie della prevenzione e distante da qualunque interesse che non sia quello della tutela della salute.
È nei fatti centrale che operatori sanitari, preferibilmente con competenze attive, e docenti referenti con adeguata e uniforme formazione preliminare basata su standard istituzionali, possano rappresentare gli adulti di riferimento degli studenti, adeguati a proporre informazioni valide e oggettive, basate sull’evidenza, prodotte dagli organismi formali scientifici e di ricerca per la prevenzione, deputati a garantire linee guida e raccomandazioni su come e perché, per esempio, evitare l’alcol prima del completo sviluppo razionale del cervello che tra i 12 e i 25 anni risulta esposto alla possibilità di mancata, completa maturazione causato dall’uso di qualunque bevanda alcolica in una fase evolutiva in cui è di fatto massima la vulnerabilità a sostanze attive sul rimodellamento cerebrale come cannabis, alcol e tutte le droghe. Problematiche complesse da trattare in un approccio integrato, che richiedono autorevolezza e legittimazione del ruolo dell’agente educativo che, per evidenti e intuitive ragioni di conflitti d’interesse, non è opportuno delegare o far coincidere con iniziative del settore dell’industria.
Sempre per rifarci all’esempio dell’alcol, negli anni alcune iniziative sono state rivolte a promuovere il bere consapevole in alcune scuole. Ma per i ragazzi il discorso - secondo le linea guida delle principali istituzioni sanitarie - si esaurisce in «alcol-zero». È auspicabile che l’approccio integrato proposto da Miur e Ministero della Salute - anche attraverso alleanze con il terzo settore (la foto ritrae un momento della tappa di Palermo del progetto «Io Vivo Sano-Dipendenze» di Fondazione Umberto Veronesi), con il privato sociale, il mondo dell’advocacy - sia il giusto viatico a un competente avvio di didattica trasversale che coinvolga l’educazione al rispetto della legalità e che sottragga i nostri giovani all’ambiguità comunicativa, per renderli le migliori risorse per la loro salute e sicurezza.
L'occasione è opportuna anche per ripensare alcune iniziative che, finanche nelle sedi legislative, hanno proposto per le scuole primarie e secondarie l’introduzione dell’insegnamento della storia e della cultura del vino, richiedendo un costo annuale di 15 milioni di euro che, ove disponibili, sarebbe congruo e opportuno investire in educazione alla salute a garanzia della tutela del diritto dei minori.