Expo 2015: si può insegnare ai bambini che l'uso moderato di vino è salutare?
Stupore e indignazione per la scelta di "avvicinare" i più piccoli al consumo di bevande alcoliche, contro ogni evidenza scientifica. E se fosse questo modo di fare cultura la radice dei problemi del nostro Paese?
Sono tante le email, le telefonate e le comunicazioni di persone indignate che mi chiedono come sia possibile che in Italia si possa consentire che i bambini diventino oggetto di iniziative quali quelle promosse in omaggio alla più evidente operazione “culturale” e di marketing promosse dal Padiglione del Vino (all’interno del Padiglione Italia di Expo) per finalità esplicitate dalle dichiarazioni del direttore scientifico della Vinitaly International Academy: «Vogliamo parlare ai bambini perché il vino fa parte dell’identità culturale del nostro Paese, delle nostre famiglie. Spiegheremo nel Padiglione che l’uso moderato del vino è salutare».
Non sono mancate le pronte reazioni dell’Associazione Italiana dei Club Alcologici Territoriali (AICAT), il cui Presidente Aniello Baselice ha invitato a boicottare l’iniziativa: «Si tratta di un’operazione di disinformazione e di manipolazione culturale che contrasta con i principi e le evidenze scientifiche condivise a livello internazionale e poste a fondamento dei programmi di prevenzione approvati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e dall’Unione Europea. Questa iniziativa risponde a una logica di marketing economico che intende frenare il trend negativo del mercato del vino, legato al crollo dei consumi, con un evidente intento di affiliazione o di fidelizzazione di futuri consumatori che contravviene ai principi della tutela dei minori. Vogliamo sollecitare il Governo, nelle persone del Presidente del Consiglio e del Ministro della perché siano garantiti il rispetto della legalità e della salute dei minori di fronte al rischio d’iniziazione al consumo di una sostanza riconosciuta come tossica e psicoattiva». Credo che dal 1995, anno di approvazione della Charter Europea sull’Alcol di Parigi e dal 2001, anno della promulgazione della “Dichiarazione sui Giovani e l’alcol” da parte dell’Organizzazione Mondiale di Sanità sia stata fatta tanta strada. Motivo per cui queste “iniziative”, frutto di una logica delle convenienze e del profitto a scapito della tutela del diritto dei minori, andrebbero evitate senza “se” e senza “ma”.
Se quella proposta all’Expo si qualifica per essere «la prima iniziativa del genere al mondo»”, come si legge nelle dichiarazioni, un motivo ci sarà, ma non è quello a cui si riferiscono gli organizzatori. In nessuna parte del mondo si autorizzerebbe una forma di “spiegazione” che punta a far breccia sulle menti inesperte e incapaci di fare altro, se non prendere per buono tutto quello che gli adulti, ai loro occhi (ipoteticamente) competenti e responsabili, porgessero (e ci si augura resti un condizionale ipotetico non realizzato) attraverso l’utilizzo di mezzi sicuramente appealing per i bambini e i minori pensando a un percorso fatto di «video, immagini e giochi interattivi per coinvolgere i più piccoli».
Una considerazione per tutte, già pubblicata in questo blog e che offro agli organizzatori come elemento di giudizio da fornire: chi usa bevande alcoliche nel periodo che va dai 12 ai 25 anni deve fare i conti con un periodo di elevata vulnerabilità dello sviluppo del cervello. È noto che il completo sviluppo del sistema limbico (emozioni, gratificazione, piacere) e della corteccia prefrontale (deputato alla pianificazione, alla razionalità e alla logica) avviene non prima dei 25 anni. Prendiamo un ragazzo di 12 anni. Le caratteristiche del cervello sono tali da conservare ancora prevalente una modalità emotiva di comportamento e di apprendimento ben lontana da quella razionale dell’adulto. Sono le connessioni con le parti laterale del cervello a determinare questa spiccata capacità di emozionarsi, di meravigliarsi ma anche di reagire con impulsività o al contrario con un rinchiudersi in se stesso agli stimoli esterni. Caratteristiche che si perdono a mano a mano che la materia grigia si rimodella e con essa le connessioni che vengono ottimizzate e ridotte con uno sviluppo prevalente dei collegamenti con la corteccia cerebrale prefrontale, quella attraverso cui la razionalità diventa prevalente e che fa rimpiangere il “fanciullo” e le sue emozioni. I comportamenti si fanno più responsabili, si percepisce meglio il rischio, si rischia di meno. L'alcol consumato tra i 12 e i 25 anni interferisce con il rimodellamento delle "sinapsi" cerebrali la cui organizzazione rimane cristallizzata alla fase di sviluppo antecedente all’uso di alcol. Il ragazzo o la ragazza sensibilizzati al bere da minori, che bevono in adolescenza e soprattutto quelli che giungono al “binge drinking”, il bere per intossicarsi (bastano anche pochi bicchieri a quell’età) manterrà da adulto una modalità di ragionamento prevalentemente infantile, o manifesterà più frequentemente depressione o aggressività (tipico degli adolescenti) nei comportamenti (espressione del sistema limbico) piuttosto che razionalità tipica di un regolare sviluppo cerebrale negli adulti e della prevalenza dell’azione della corteccia prefrontale che fa “sapiens” l’individuo. Se questa fosse la comunicazione da dare ai minori, fornisco agli organizzatori la mia personale disponibilità a realizzare incontri ad hoc, oggettivi, validi e scientifici, adeguati al target per contenuti e modalità. Incontri come quelli che già si svolgono in tutte le scuole d’Italia (per fortuna) e che hanno portato con il Progetto “Elementare ma non troppo” evidenze scientifiche attraverso attività ludiche attuate in 50 scuole elementari italiane grazie all’Istituto Superiore di Sanità, al Moige e al Dipartimento per le Politiche Antidroga della Presidenza del Consiglio.
Ma … se così non fosse, a chi e a cosa gioverebbe? Io credo che non giovi al vino, per nulla a uno dei settori più rilevanti dell’economia italiana e ai produttori in se, anzi, probabilmente potrebbe anche giungere a penalizzare l’export considerato il target dei frequentatori dell’Expo in funzione di una scelta non etica di marketing ai minori, richiamo ormai formale in tutte le strategie europee e mondiali di prevenzione e tutela dei minori. Non dimentico la visita al Vinitaly e proposta di degustazione a scolaresche statunitensi con conseguente diniego da parte degli interessati e reazione sdegnata dei tutor nel richiamare i presenti al rispetto delle norme statunitensi che vietano l’alcol ai minori (e pensare che da noi sono persino più antiche e risalenti alle leggi di Giolitti e al Codice Rocco del 1932).
Ho già riferito di non essere un astemio totale, mai stato proibizionista e lungi dal voler impedire il piacere e la libertà del bere una qualunque bevanda alcolica. L’informazione corretta valida per tutti è:
se si sceglie di bere occorre rendere le persone consapevoli che nessun limite è privo di rischi per la salute poiché l'alcol contenuto nelle bevande alcoliche è un tossico, una sostanza psicoattiva, un cancerogeno accertato per l'uomo. Se si sceglie di bere lo si faccia per il piacere di bere e non nella convinzione innata o indotta che possa giovare alla salute. Non si può usare l'alcol come "farmaco" o come mezzo di prevenzione.
E mi appello all’Alta Corte di Giustizia Europea che ha sentenziato e ribadito le normative che impongono il “divieto di vantare proprietà salutistiche di un prodotto alimentare che contenga più di 1,2 gradi di alcol per litro”. L’avvocato generale Ján Mázak è stato rigoroso nel concludere che «la nozione di “indicazione sulla salute” deve essere interpretata nel senso da comprendere le indicazioni che sottintendono un effetto benefico temporaneo sullo stato fisico, … limitato al periodo necessario per l’assunzione e la digestione di un alimento», e parlava di un adulto, capace di metabolizzare l’alcol e non di un minore.
Che «l’uso moderato di vino è salutare» sia un “must” spendibile in un contesto di sensibilizzazione pubblica alla “cultura” dei minori che ha più criticità che facilitatori, sarebbe tutto da dimostrare scientificamente e da bilanciare con un bel «fatto salvo l’incremento di insorgenza di oltre 220 malattie e 14 tipi di cancro che sconsigliano comunque l’uso di alcol ai giovani sino ai 18 anni per rispetto della legalità e sino ai 25 anni per rispetto delle evidenze scientifiche che mostrano come qualunque quantità consumata interferisce con un sano sviluppo cerebrale», come già riportato in un altro post.
Non molto tempo fa ho avuto il piacere di sentire, a tale proposito, in un’assemblea di settore un noto produttore vitivinicolo affermare «Dobbiamo ritornare a parlare di ciò che il vino è e smetterla di parlare di ciò che fa». Condivido e rilancio: tutto ciò che oggi si propone sulla base delle attuali già note evidenze scientifiche come “salutare” da parte di chi lo sostiene, potrebbe essere (e lo sarà) presto facile oggetto di una rivalsa legale di cui il fumo ha già cominciato a pagarne le conseguenze.
Di recente avevo avuto la possibilità di esprimere seria preoccupazione in merito al problema alcol tra i minori ed del suo impatto sulla vita sociale e familiare, contesti troppo spesso non considerati quando si parla di consumatori tutelati per legge dall’esposizione all’alcol. Una preoccupazione resa ancora più cogente dall’approvazione di norme recentissime introdotte dal Decreto Balduzzi che ha innalzato (dopo oltre 80 anni dal fatidico Codice Rocco) a 18 anni l’età minima legale in cui è fatto divieto di vendita e somministrazione delle bevande alcoliche, un modo come l’altro per dire che ne è vietato il consumo.
Ma anche non volendo pensare a norme e decreti non si può far finta di non conoscere l’impianto complessivo della Legge 125/2001 che all’art. 2 (Finalità) dichiara testualmente che:
a) tutela il diritto delle persone, ed in particolare dei bambini e degli adolescenti, ad una vita familiare, sociale e lavorativa protetta dalle conseguenze legate all'abuso di bevande alcoliche e superalcoliche;
b) favorisce l'informazione e l'educazione sulle conseguenze derivanti dal consumo e dall'abuso di bevande alcoliche e superalcoliche.
“Abuso” è in termini scientifici per i minori tutto l’alcol, qualunque quantità e qualunque tipo di alcol consumato prima dei 18 anni (e dovrebbero essere 25 vista la vulnerabilità cerebrale all’alcol segnalata dalle evidenze scientifiche acquisita in una cornice legale anche attraverso il “Piano d’Azione Europeo sul bere dei giovani e sul binge drinking” varato dal Committee on Alcohol Policy and Action” e dalla Commissione Europea. Qualunque forma di disinformazione o, peggio, un’informazione parziale, non valida e oggettiva rivolta a un minore, ne corrompe la valutazione che non può poggiare su elementi di giudizio.
Si direbbe che nella moderazione (dieci grammi di alcol, meno di un bicchiere di vino) c’è il rischio di incrementare la probabilità di insorgenza di cancro che sarà tanto più alta quanto più precoce (e quindi più lunga l’esposizione all’alcol) di cancro? Si direbbe che il Codice Europeo per la prevenzione del cancro segnala che se si vuole prevenire il cancro non bere è la scelta migliore? O che qualunque quantità di alcol interferisce con o sviluppo de cervello tra i 12 e i 25 anni e che il risultato è una perdita delle capacità cognitive stimate in 10% della memoria e della capacità di orientamento? O che superato un bicchiere il rischio di cancro della mammella in una futura donna aumenta del 7-27% e che l’alcol è causa della più frequente insorgenza di noduli mammari che hanno una probabilità superiore al 400 % di trasformarsi in cancro? Sarebbe questa la cultura da garantire per assicurare scelte informate ?
Molti hanno già segnalato che questa iniziativa sia ben lontana dal senso di Cultura, con la “C” maiuscola, quella del territorio, quella dell’ecosostenibilità, quella del patrimonio delle tradizioni che si sono tramandate nei secoli non per via del marketing o del profitto ma per la dinamica sociale e i suoi costumi, le sue credenze, i suoi falsi miti, anche enoiatrici, perché no, ma che non possono giungere nel 2015 a proporre come “salutare” ciò che invece contribuisce al rischio di tutti e dei minori in particolare. Tanti minori.
Un’iniziativa che si ponga come obiettivo primario di “educare” i minori non può trascurare il problema e focalizzare sulla “cultura del vino”. Se questa è la cultura allora è questa cultura che diventa il problema nel nostro Paeseinsieme all’idea, per esempio, che far assaggiare al bambino l’alcol in famiglia lo aiuti a evitarlo una volta adulto (l’alcolizzazione precoce non ha alcun fondamento scientifico). E purtroppo non esisterà mai nessuna legge che impedirà ai genitori di dare alcol ai propri figli minori, tutti pressati dalla pubblicità (quasi 400 milioni di euro l’anno di investimenti contro un milione scarso per la prevenzione), da ciò che è “trendy”, che, assicura la pubblicità, garantisce successo sociale e sessuali, prestazioni e tutto ciò che le Direttive europee vietano e che in Italia viene regolarmente aggirato con una disapplicazione delle norme di livello eclatante come gli atti che ne derivano (basti pensare al divieto di vendita di alcolici e non solo a i minori, Feyenoord docet).
Colpevoli del consumo precoce di alcol tra i giovani, soprattutto minorenni, sono anche la compagnia, i luoghi di aggregazione giovanile, il costo dell’alcol, che è sempre più economico, e le pubblicità che presentano tutti i drink come veri e propri passaporti per il successo personale, sociale, sessuale e persino come qualcosa che fa migliorare la propria salute. Per i ragazzi l’alcol è qualcosa che rende disinibiti e liberi.
E i risultati si vedono, come richiamato ogni anno dal Ministro della Salute nella Relazione annuale al Parlamento trasmessa ai sensi della Legge 125/2001 che, anche grazie a una parallela “cultura” istituzionale, è stata privata della Consulta Nazionale Alcol, organismo di legge su cui molti sembrano dimenticare che dovremmo vivere in una Nazione di Diritto. Consumi a rischio riferiti ai minori con l’alcol prima causa di morte tra i giovani sotto i 25 anni : perché? Tra gli alcoldipendenti la bevanda di riferimento più frequente è il vino come è logico che sia in Italia e, come già detto, il consumo di alcol tra i giovani è sempre più precoce: perché?
Il 17% di tutti casi d’intossicazioni da alcol che giungono negli ospedali italiani riguarda ragazzini e ragazzine al di sotto dei 14 anni anche grazie alla promozione della cultura del bere al di fuori dei pasti. Se l’intenzione di Expo fosse quella di puntare a “riprendere” fette di mercato rispetto a una fisiologica contrazione di consumi di vino in Italia - il cui fatturato è e resta miliardario e non in calo grazie all’export - non è plausibile, non può ne dovrebbe mai essere considerato accettabile e persino considerabile puntare ai minori. Non è legittimabile ne difendibile, non è degno della grande cultura enoiatrica nazionale che infatti ha già preso le distanze come dimostrato dalle grandi case che hanno già disertato il Padiglione del vino anche per i costi stratosferici proposti.
Tenuto conto che la Legge 125/2001 dovrebbe favorire l’informazione e l’educazione sulle conseguenze e non su proprietà salutistiche, come invece dichiarato, appare evidente come la collisione d’iniziative come questa con la norma vigente di riferimento sia totale, anche in virtù di due righe della stessa Legge che all’art. 13 recita.
“È vietata la pubblicità di bevande alcoliche e superalcoliche che:
a) sia trasmessa all'interno di programmi rivolti ai minori e nei quindici minuti precedenti e successivi alla trasmissione degli stessi;
b) attribuisca efficacia o indicazioni terapeutiche che non siano espressamente riconosciute dal Ministero della sanita';
c) rappresenti minori intenti al consumo di alcol ovvero rappresenti in modo positivo l'assunzione di bevande alcoliche o superalcoliche.
3. “È vietata la pubblicità diretta o indiretta delle bevande alcoliche e superalcoliche nei luoghi frequentati prevalentemente dai minori di 18 anni di età.
4. “È vietata la pubblicità radiotelevisiva di bevande superalcoliche nella fascia oraria dalle 16 alle 19.
5. E' inoltre vietata in qualsiasi forma la pubblicità di bevande superalcoliche:
a) sulla stampa giornaliera e periodica destinata ai minori;
b) nelle sale cinematografiche in occasione della proiezione di film destinati prevalentemente alla visione dei minori.
In un percorso fatto di «video, immagini e giochi interattivi per coinvolgere i più piccoli» come sarebbe da intendersi il format proposto all’Expo? Gli organizzatori lo sanno e farebbero bene a regolarsi in merito.
Emanuele Scafato
@scafato