Sperimentazione, la quarta “R”: Ricordare gli animali
Dopo Rimpiazzare, Rifinire e Ridurre, è il momento di "Ricordare", per rendere omaggio agli animali utilizzati nelle sperimentazioni
Nel parco adiacente all’Istituto di Citologia e Genetica di Novosibirsk, in Russia, si trova un monumento in bronzo di un topo che tesse un filamento di Dna. La statua - nella foto, tratta da politsib.ru -, realizzata dall’artista Andrew Kharkevich, simboleggia la gratitudine per il sacrificio degli animali da laboratorio che hanno consentito e consentono tutt’ora all’umanità di progredire nella conoscenza medico-scientifico e sviluppare farmaci e cure.
L’utilizzo degli animali nella sperimentazione è oggigiorno indispensabile per la ricerca biomedica (per una trattazione accurata delle spiegazioni scientifiche rimando al blog di Francesco Mannara, ma solleva molti temi etici. Nel corso dell’ultimo secolo la società nel suo insieme, e quindi anche la comunità scientifica, ha maturato una grande coscienza etica nei confronti degli animali non umani; la stessa scienza ha dimostrato che gli animali provano emozioni come il dolore, la paura, l’abbandono e possiedono facoltà intellettive sviluppate che in alcuni specie (come i primati) arrivano a vere e proprie forme di autocoscienza, anche se non complesse come nella specie umana.
Per questo sono state via via elaborate precise norme legislative ed etiche sul benessere animale in tutte quelle attività umane che richiedono l’impiego di animali: allevamento, utilizzo come animali da lavoro, attività sportive, e naturalmente anche la ricerca scientifica. Ad oggi, l’impiego di animali a scopo di sperimentazione deve seguire una serie di rigide procedure guidate dal «principio delle tre R»: rimpiazzare (replace) ove possibile, l’uso di animali con metodi complementari, come l’uso di cellule o tessuti in coltura o la creazione di modellizzi al computer, ridurre (reduce) il numero di animali impiegati al minimo necessario per ottenere un esperimento valido statisticamente, e raffinare (refine) le modalità di conduzione degli esperimenti e di mantenimento degli animali, per limitare al massimo il loro eventuale dolore o sofferenza. Le tre R, prima che linee guida di norme e procedure codificate e regolamentate dalla legge, sono soprattutto principi morali a cui ogni ricercatore deve sempre ispirarsi e sono ormai diffusi e accettati come partica comune in tutti i laboratori del mondo; tuttavia, una quarta “R” dovrebbe essere aggiunta: “ricordare” (remember).
In Oriente, soprattutto in Giappone e Corea del Sud è usanza comune nelle università e nei centri di ricerca svolgere annualmente vere e proprie cerimonie di commemorazione e ringraziamento in onore degli animali utilizzati nelle ricerche. Vengono portate offerte (frutta, fiori, incensi) in altari dedicati, e le più alte cariche istituzionali, come direttori o rettori, celebrano discorsi davanti a tutti i ricercatori e al personale degli istituti. Al Korean Food and Drug Administration National Institute Of Toxicology Research di Seoul queste cerimonie vengono svolte fin dal 1983. Nei Paesi asiatici, la tradizione e la diffusione delle cerimonie di commemorazione degli animali da sperimentazione ha forti connotazioni religiose ed è influenzata dal retroterra culturale locale, ma esistono anche “commemorazioni laiche”; negli Stati Uniti, la prima fu tenuta nel 1993 alla University of Guelph con la lettura di un discorso di ringraziamento agli animali da laboratorio “per quello che il loro sacrificio rappresenta”; altre università americane, come quella di Seattle, hanno poi seguito l’esempio.
La commemorazione degli animali da sperimentazione come pratica «istituzionalizzata», e quindi inserita come parte attiva della vita dei laboratori di ricerca con cadenza regolare, ad esempio annuale, potrebbe avere molteplici aspetti positivi. Il primo ha una dimensione etica e culturale; significa elevare lo status degli animali da laboratorio non solo come “semplice mezzo” per migliorare la condizione umana e di altri animali, ma come “eroi” da ringraziare e omaggiare in virtù del loro sacrificio per il bene comune, non consapevole e non intenzionale (sono gli esseri umani a decidere per loro), evitando o contenendo estreme derive utilitaristiche. Questo varrebbe sia come monito per la comunità scientifica ad agire sempre guidati dalle 3 R e a rafforzare la propria etica nell’utilizzo degli animali, sia per la collettività nel suo insieme che usufruisce senza rendersene conto dei benefici che derivano dal sacrificio degli animali da laboratorio, ogni volta che si prende un’aspirina o ci si sottopone anche al più banale degli interventi chirurgici.
Ma non solo. Il processo di ritualizzazione, anche laica, legato alla commemorazione degli animali aiuta i ricercatori, soprattutto i giovani e i tecnici che lavorano quotidianamente negli stabulari e che in prima persona maneggiano e infine sacrificano l’animale, a razionalizzare la condizione di dolore e stress psicologico. Con buona pace dei militanti estremisti animalisti che hanno in mente solo il cliché dello scienziato sadico e perverso che gode nel seviziare gli animali, è dimostrato da molti studi che i ricercatori che lavorano con gli animali sviluppano una relazione emotiva con loro; sono responsabili della loro cura e del benessere, pur se in condizioni di sperimentazione, e gli animali interagiscono in modo attivo. È inevitabile che si insaturi una relazione che va ben oltre il semplice dato sperimentale e scientifico; non a caso, infatti, la statua di Andrew Kharkevich a Novosibirsk sovrappone l’immagine di un topo da laboratorio con quella di uno scienziato nel momento della scoperta proprio perché, nelle intenzioni dell’artista, essi sono in intima relazione l’un l’altro.
Non è difficile immaginare le obiezioni e le resistenze da parte delle dirigenze degli istituti di ricerca a “formalizzare” una giornata dedicata alla commemorazione degli animali da laboratorio. Non per cattiveria o mancanza di consapevolezza sull’importanza di rendere omaggio agli animali da laboratorio, ma per considerazioni pragmatiche: le incombenze burocratiche e amministrative quotidiane che assorbono la maggior parte delle risorse di tempo e di soldi, oltre che la paura di attirare attenzione mediatica sulla presenza di stabulari in un determinato istituto, legittime dopo i numerosi casi di attacchi vandalici da parte di gruppi animalisti ai laboratori (per citarne solo uno nel nostro paese, quello allo stabulario di Farmacologia dell’Università degli Studi di Milano nel 2013).
Tutte obiezioni comprensibili, tuttavia non devono essere prese come alibi e scuse per liquidare la questione: è sicuramente necessario un cambiamento culturale in alcune aree della stessa comunità scientifica, ma la strada è già stata segnata, come dimostrato dagli esempi citato qui sopra. Al Samsung Biomedical Research Institute di Seoul (Corea del Sud), si trova una lapide memoriale con incise varie specie animali utilizzate nei laboratori che riporta la Preghiera per le anime preziose:
Siamo grati alle anime la cui vita è stata dedicata al progresso della salute umana,
faremo del nostro meglio affinché sia il più utile possibile, e per ridurre il vostro sacrificio.
3R- Rimpiazzare, Ridurre, Raffinare.
Sarebbe forse il momento per aggiungere anche la quarta R: Ricordare.
Chiara Segré
@ChiaraSegre
Per approfondimenti: An additional “R”: remember the Animals, Susan A. Iliff, ILAR Journal 2002