L’immaginazione guida la ricerca, ma non confondiamola con la pseudoscienza!
Tutte le più grandi scoperte scientifiche sono state realizzate da pensatori controcorrente che però non avevano nulla a che vedere con la pseudoscienza e le teorie “alternative”
«L'immaginazione è più importante della conoscenza. La conoscenza è limitata, l'immaginazione abbraccia il mondo, stimolando il progresso, facendo nascere l'evoluzione».
Non è la citazione di un poeta ma di uno dei più importanti scienziati della storia dell’umanità: Albert Einstein. Ciò che fa davvero fare un balzo in avanti al progresso scientifico è dunque la capacità di pensare fuori dal coro, in maniera anti-convenzionale: guardare i problemi con immaginazione più che con la conoscenza cristallizzata dalla normale prassi scientifica.
Qualche tempo fa, discutevo con un amico della validità del cosiddetto metodo Di Bella, portato alla ribalta mediatica negli anni Novanta: il medico siciliano Luigi Di Bella sosteneva di aver trovato una terapia risolutiva per i tumori. La comunità scientifica insorse e la sperimentazione clinica fu bloccata a causa dell’infondatezza del metodo stesso: non vi era, e non c’è tuttora a distanza di 20 anni, nessuna prova empirica che la cura potesse essere efficace, condizione essenziale per poter avviare una sperimentazione con i pazienti.
Il mio amico era convinto, su base emotiva più che razionale, che il metodo Di Bella funzionasse ma che fosse stato ostacolato dalla scienza classica perché «è conservatrice, e ha paura degli outsiders, di chi fa qualcosa di diverso, perché va a minare lo status quo».
I sostenitori delle diverse correnti “pseudoscientifiche” come il caso Di Bella, ma anche Stamina, l’omeopatia, e molte altre discipline “alternative”, spesso giustificano il rifiuto di queste da parte della comunità scientifica tradizionale con questo genere di motivazioni: l’outsider diventa una specie di eroe romantico, il genio incompreso che combatte da solo contro un sistema ottuso.
Questo atteggiamento non rispecchia naturalmente la complessità dell’impresa scientifica; tuttavia sarebbe sbagliato sminuire queste affermazioni come completamente infondate, perché nascondono un fondo di verità: la scienza talvolta tende a essere “conservatrice”, perché basa il suo patrimonio di conoscenze non su verità assolute, ma su ipotesi verificate da un lungo processo sperimentale. È quindi naturale che uno scienziato si avvicini con scetticismo a una teoria che va a minare un patrimonio di conoscenze così fortemente verificate, soprattutto se questo implica il ripensare completamente una teoria che fino a quel momento ha perfettamente funzionato. A nessuno piace molto dover mettere in discussione le proprie convinzioni, nemmeno agli scienziati.
Il filosofo della scienza Thomas Khun, nel saggio del 1962 Struttura delle rivoluzioni scientifiche, pietra miliare nel dibattito filosofico nella storia della scienza, afferma che il progresso scientifico procede per cicli di “tempesta e quiete”: un periodo relativamente lungo di tranquillità, dove le osservazioni sperimentali vanno d’accordo con la teoria corrente e accettata dalla comunità scientifica, il paradigma, viene minato dall’emergere di anomalie sperimentali. Quando queste anomalie diventano numerose e verificate, è necessario un nuovo paradigma, di solito completamente diverso e rivoluzionario rispetto al precedente.
Galileo, Copernico, Darwin, Einstein, solo per citarne alcuni: ognuno di loro ha provocato una rivoluzione scientifica nel proprio campo, ribaltando completamente i paradigmi esistenti e introducendo una nuova visione del mondo naturale. La rivoluzione copernicana ha spazzato via la concezione di un universo geocentrico, la teoria dell’evoluzione ha ribaltato l’interpretazione della vita sulla Terra e la relatività di Einstein ha cambiato per sempre la fisica moderna. Tutti questi scienziati sono stati rivoluzionari, in grado di guardare oltre lo status quo della scienza del loro tempo, identificare la criticità e le eccezioni delle vecchie teorie ed elaborarne di completamente nuove. Sono stati dei visionari, e hanno sopportato la diffidenza e le feroci critiche da parte dei colleghi del proprio tempo.
Sono però anche stati tutti tra i più grandi sostenitori del metodo scientifico. Hanno avuto la capacità di vedere oltre ma le loro teorie sono state supportate da dati, prove empiriche e attente verifiche di ipotesi. Darwin aveva intuito il cuore della teoria dell’evoluzione già durante il viaggio sul Beagle, tra il 1831 e il 1836, eppure pubblicò L’Origine delle Specie nel 1859, oltre vent’anni più tardi; vent’anni passati ad accumulare dati empirici, avanzare obiezioni contro la propria stessa ipotesi, ad analizzare con rigoroso metodo scientifico tutte le sfaccettature della propria teoria, con lo scetticismo tipico di un uomo di scienza.
Gli uomini che hanno rivoluzionato la scienza non hanno nulla a che fare con chi propina vaghe “teorie alternative” bastate più su assunti filosofici o pseudoscientifici, generalmente incapaci di portare una dimostrazione empirica della loro validità. Le pseudoscienze proliferano laddove la scienza canonica ancora non ha risposte precise, come nel caso della cura di alcuni gravi malattie, e dove forse, le idee più innovative andrebbero valorizzate di più anche in termini di ricerca.
Al giorno d’oggi la scienza è forse ancora più conservatrice di un tempo: l’impresa scientifica è diventata globale e richiede un ingente impiego di capitali, messi a disposizione da enti pubblici e privati che, giustamente, chiedono rendiconti dell’attività dei ricercatori, e vogliono essere certi di destinare i propri soldi a progetti “sicuri”: questo sicuramente penalizza i progetti più visionari, innegabilmente molto più rischiosi, e contribuisce in parte a frenare il progresso scientifico. Forse ci vorrebbe un po’ più di coraggio a seguire anche piste meno battute.
La storia ci insegna che le rivoluzioni scientifiche non si possono fermare: non esiste complotto, o cospirazione “conservatrice” che, sul lungo periodo, posso impedire il progresso della conoscenza rompendo lo status quo, con buona pace delle più fantasiose visioni complottistiche. La parola d’ordine dovrebbe sempre essere: largo all’immaginazione guidata dal metodo scientifico e in guardia dalle pseudoscienze.