Sussidiarietà in sanità: il fallimento in Lombardia
Nel 97, quando è partita la famosa legge 31 per il riordino delle attività sanitarie, sembrava una buona cosa che la regione Lombardia finanziasse il privato per dare maggiore assistenza alla popolazione
Nel 97, quando è partita la famosa legge 31 per il riordino delle attività sanitarie, sembrava una buona cosa che la regione Lombardia finanziasse il privato per dare maggiore assistenza alla popolazione! Istituti e cliniche private sarebbero stati rimborsati per le loro prestazioni come gli ospedali pubblici.
Questa strada si è consolidata negli anni, ma non si può misconoscere, anche alla luce delle numerose vicende giudiziarie che hanno interessato ospedali privati, che le cose non sono andate per il verso giusto. La eccessiva generosità nel concedere ai privati i cosiddetti accreditamenti, che economicamente li parificavano nei rimborsi agli ospedali pubblici, ha dato luogo a storture e ad abusi (le vicende Santa Rita, San Raffaele, Maugeri insegnano!)
Un privato particolarmente determinato, cinico, a volte senza gli opportuni requisiti, che ha intrattenuto col potere politico rapporti privilegiati che l’hanno favorito, mentre in questi anni gli ospedali pubblici hanno dovuto “tirare la cinghia”, impossibilitati a competere, nonostante la buona volontà degli operatori. Ospedali che anche ora, per risparmiare, si vedono ridurre reparti, posti letto, apparecchiature, personale e chi più ne ha più ne metta.
Perché la sussidiarietà ha fallito? Non solo per la immoralità dei singoli, ma perché non si è vigilato abbastanza, si sono concessi con leggerezza troppi accreditamenti, si sono favoriti gli amici degli amici a scapito della efficienza, perché la sussidiarietà è stata soltanto uno slogan e non una reale interazione tra soggetti paritetici. Come era possibile pensare che il pubblico reggesse senza gli opportuni aiuti, di fronte a un privato che ha regole gestionali agili, criteri imprenditoriali efficienti nonché particolare benevolenza da parte del sistema?
Una sussidiarietà zoppa che và riscritta cominciando a istituire comitati di esperti indipendenti, svincolati dal potere politico, che vigilino sulla sua applicazione, che tolgano accreditamenti immeritati o inutili, unicamente frutto di privilegi e amicizie. Una sussidiarietà che si basi su corretti programmi di integrazione e non sulla competizione tra ospedali pubblici e privati, dove non esistano figli e figliastri, dove la scure non si abbatta sempre dalla stessa parte e dove chi sgarra viene allontanato.
Alberto Scanni