Sperimentazione animale
Quale malato sarebbe disposto a sottoporsi a un trattamento che non è stato prima provato nell’animale? Abbassiamo i toni del dibattito e ragioniamo
Sulla sperimentazione animale bisogna abbassare i toni e con ponderazione riflettere nei giusti termini. Purtroppo il dibattito rischia di dividerci in buoni e cattivi: dove i buoni sono quelli che difendono la vita degli animali e i cattivi sono seri ricercatori che utilizzano correttamente una pratica necessaria allo sviluppo della scienza medica.
Va detto anzitutto che la sperimentazione animale non è la vivisezione (lo squartare un animale vivo)! E’ scorretto impiegare questo termine che evoca orrore e da l’immagine di scienziati sanguinari e privi di morale. La vivisezione non è praticata in nessun serio laboratorio scientifico e assimilarla alle sperimentazioni attuate in programmi di ricerca è distorsione della realtà e puro terrorismo!
Se la vita media è aumentata, se alcune forme di cancro si possono guarire, se si scoprono farmaci intelligenti che possono debellare malattie fino a ieri intrattabili, se si è potuto curare l’AIDS, se si possono dilatare le coronarie malate che danno l’infarto e così via è grazie a serie e impegnative ricerche che, nel rispetto di corrette procedure, hanno impiegato il “modello animale” di verifica. Là dove vengono impiegati animali per sperimentazione si applicano rigorose norme europee, non ultime la sedazione, l’anestesia e le terapie antidolorifiche.
L’animale non deve soffrire e il metodo deve essere utilizzato quando assolutamente indispensabile. Il “modello animale” non è un optional, rappresenta una tappa necessaria: se si vuole impiegare un nuovo farmaco o una nuova procedura, questa va provata su un organismo vivente per verificarne gli effetti positivi e/o negativi.
Chi, malato di cancro in fase avanzata, sarebbe disposto a sottoporsi a un trattamento sapendo che questo non è stato prima provato nell’animale? Il malato sarebbe certamente più tranquillo conoscendo come ha reagito un essere vivente a un determinato farmaco. Il topolino, ad esempio, ha molte più similitudini che differenze con l’uomo, condivide con lui l’85 % del patrimonio genetico e le funzioni dei geni sono identiche!
Là dove è scientificamente giustificabile e sufficiente, usiamo dunque procedure che non richiedono esperimenti su animali, ma dove necessario, anche se con dispiacere e dopo aver messo in atto tutte le tutele, utilizziamo il “modello animale”, un modello che, allo stato attuale, è impossibile eliminare del tutto.
Fermiamoci dunque, non imbarchiamoci in “guerre di religione” e impegniamoci strenuamente a ricercare e selezionare nuove procedure che diano la minor sofferenza per l’animale.