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Molte volte i medici non si rendono conto del male che possono fare!

La lettera della moglie di un malato a chi lo ha avuto in cura

Molte volte i medici non si rendono conto del male che possono fare!

Fortunatamente molti sono anche quelli che con le loro “parole” sanno fare del bene.

Questa lettera inoltratami dalla moglie di un malato, ricoverato in un importante ospedale di Milano e indirizzata al medico che  lo aveva in cura (di cui mi ha autorizzato alla pubblicazione), è molto significativa. Penso che molti ci dovrebbero meditare sopra.

Alberto Scanni

Buongiorno dottor …
Ho pensato a lei spesso in questi giorni.
Una settimana fa, mio marito, Pietro Cóncina, è morto. Si ricorderà di lui spero, non è passato tanto tempo da quando era ricoverato nel suo reparto lì a …...
Lo avete ricoverato perchè aveva il calcio troppo alto e vi siete prodigati  per 10 giorni. Ha anche fatto il primo ciclo di chemio, sopportandolo abbastanza bene. Io sono stata sempre con lui, giorno e notte, aiutandolo per tutto quello che non riusciva a fare da solo, dormendo su una poltrona con le gambe appoggiate alla sedia, andando nei bagni (luridi) all'esterno del reparto, anche di notte, perchè i malati non debbono essere "contaminati"....calzari, mascherina, sono stati il corredo giornaliero....
Con mia figlia chiedevamo, via via che passavano i giorni, come andavano le analisi, ma prima di avere una risposta bisognava aspettare fuori dalla porta della dottoressa di turno, bussare significava incontrare una faccia di disappunto e quasi sempre una risposta sgarbata.
Una mattina, entra in camera una dottoressa, giovane, ma sono quasi tutte giovani, alta, magra, con occhiali cerchiati da una montatura scura, con le mani in tasca e con voce esageratamente alta,( forse pensano che tutti i pazienti siano dei rincoglioniti, sordi! ), dice a mio marito, chiamandolo Concìna, la descrizione dettagliata della sua malattia. Così, nuda e cruda. Pensava forse di essere all'università e di sostenere un esame dove era necessario essere precisi sulla descrizione della Sindrome di Richter?
Siamo rimasti in silenzio, io non ho chiesto nulla e neanche mio marito. Lì, zitti a sentire il fastidio della voce sgraziata di quella ragazza che si era presa l'iniziativa di dare una sentenza con modalità discutibili.
Anche lei dottore ci ha ricevute qualche giorno più tardi e con i parenti, si sa, bisogna essere chiari, non bisogna creare illusioni, bisogna dire le cose come stanno, senza lasciare spazio a nessuna speranza,  a niente che poi possa essere male interpretato.
Pensi che è stato così chiaro e descrittivo, continuando a ripetersi, perchè le sue dottoresse avevano l'impressione che noi, le parenti, non avessimo capito!
Ma vi insegnano un po'di umanità quando studiate medicina? E la vita, l'esperienza, non vi hanno insegnato nulla? Ma un gesto di umana comprensione non fa parte del vostro modo di rapportarvi con le persone? E la speranza, seppur flebile, non va alimentata come via di uscita davanti al dolore?
Concludo dottore, le racconto la fine della mia storia.
Negli ultimi due giorni di ricovero, mio marito ha avuto per compagno di stanza un signore che aveva la febbre a 40, stava male, andava in bagno spesso, cosa avesse non lo so, ma pensavo a quanto potesse non giovare stare a contatto con questo genere di cose viste le difese immunitarie azzerate dalla chemio e dalla malattia. ( le mascherine, i calzari....?)
Giovedì pomeriggio lo dimettono, venerdì eravamo contenti a casa nostra, sabato una polmonite fulminante lo ha fatto morire.
È solo uno dei tanti che se ne va, uno che lei non ha conosciuto, ma per me è il compagno di una vita, un uomo intelligente ed apprezzato che ha lasciato una nostalgia infinita.
La saluto dottor ……, le auguro buon lavoro”.

Mariella Concina



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