Il tempo del malato
Non è il tempo dell'orologio. Il medico che non lo sa come può consolare?
Il tempo del malato non è “il tempo dell'orologio”! Quando aspetta l'esito di un esame è lungo, quando ha bisogno di parlare con un dottore è troppo poco. È diverso da soggetto a soggetto!
La medicina moderna non è in crisi per i risultati scientifici, che sono notevoli, ma proprio perché vive nel “tempo dell'orologio” e in questo, purtroppo, non riesce a far albergare l'ascolto e la parola consolatoria.
Il medico deve avere ben presente questa carenza e cercare di colmarla, impegnandosi personalmente, pur all'interno di un sistema farraginoso che guarda più alla tecnica e all'efficienza che al rapporto umano.
Dice Eugenio Borgna, psichiatra e pensatore: “Se il medico non conosce o avverte le esperienze che si accompagnano alla malattia come farà a trovare le parole che non feriscano i pazienti e che siano loro di aiuto per non spegnere la speranza nel loro cuore senza la quale è così difficile vivere?”.
Come potrà dunque consolare se non vive il suo tempo? Consolare non è solo pratica affettiva, non una sorta di rassicurazione emotiva, ma una profonda esperienza umana tra medico e malato in cui il “dare tempo” è fondamentale per conoscersi e rinegoziare i legami.