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Oncologia
Paolo Veronesi
pubblicato il 27-10-2021

La pandemia occulta: abbiamo lasciato indietro i malati di tumore?



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Paolo Veronesi riflette sugli effetti della pandemia da Covid-19 sulla prevenzione e la cura dei tumori. Se ne parlerà alla Conferenza Science for Peace and Health dal 15 al 18 novembre

La pandemia occulta: abbiamo lasciato indietro i malati di tumore?

Quanto terreno abbiamo perso, nella cura dei tumori, a causa della pandemia? Difficile quantificare con certezza, le risposte più complete le avremo solo con il tempo. Gli ospedali e i medici si sono organizzati sin dai primi mesi di emergenza e non si sono mai arrestate le attività di cura e assistenza. Ma già oggi abbiamo dei segnali da non sottovalutare.

 

MENO TUMORI IN STADIO PRECOCE

L’ultima allerta è arrivata dai patologi italiani che hanno osservato come sono cambiate le nuove diagnosi di due fra i tumori più diffusi: il tumore della mammella e il tumore del colon-retto. Cos’è accaduto nel 2020 rispetto al 2019? Si sono operati meno casi (un calo del 12-13 per cento) e soprattutto sono arrivati in sala operatoria meno pazienti con tumori di piccole dimensioni rispetto a quelli con tumori già più grandi. Sul totale dei casi trattati, la proporzione dei cosiddetti tumori localizzati è diminuita sia per il seno (dell’11 per cento) sia per il colon (addirittura del 32 per cento). Quelli che sono calati sono i tumori che più di altri associamo ad altissime probabilità di guarigione.

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LA DIAGNOSI PRECOCE RALLENTA

Dall’Europa, nei mesi scorsi, sono arrivati numeri altrettanto preoccupanti: il vecchio continente, che conta ogni anno 2,7 milioni di nuove diagnosi di cancro e 1,3 milioni di vittime (dati 2020), sta rallentando la sua corsa alla diagnosi precoce. Si sono stimati in cento milioni gli screening mancati nel 2020, due milioni e mezzo gli esami saltati in Italia, in cui la macchina della prevenzione non si è quasi mai fermata del tutto, se non per un breve periodo. Certamente però stiamo scontando le gravi difficoltà della sanità territoriale, i limiti imposti dalle misure di sicurezza contro il Covid-19, i timori dei pazienti. Significano mesi di ritardo da recuperare per gli screening mammari, cervicali e colorettali.

 

NON RIMANDARE LA PREVENZIONE

La maggior parte delle attività sono riprese, le lettere di invito sono ripartite, ai centralini rispondono gli operatori, è il momento in cui ogni cittadina e ogni cittadino dovrebbe farsi incontro a questi sforzi. Ecco perché mi permetto di rivolgere un invito: non rimandate o ignorate gli appuntamenti e, se anche nessuno vi ha scritto o invitato o convocato, e siete in età per i controlli di prevenzione oncologica, fatevi avanti voi: chiedete al vostro medico di medicina generale o allo specialista di riferimento, contattate la vostra ASL.

 

L’ASSISTENZA AI MALATI

C’è chi l’ha definita una “pandemia occulta”. Certamente l’impatto del Covid-19 sulle donne e gli uomini colpiti da una malattia impegnativa come il cancro è stato pesante. Non solo in termini di cure e di prevenzione ma, purtroppo, anche in termini di qualità di vita. Familiari e caregivers si sono trovati in condizioni difficili, c’è chi per assistere una persona cara è rimasto in ospedale per settimane senza uscire, altri hanno avuto contatti contingentati, altri ancora hanno vissuto su un legame via tablet o smartphone. Ancora adesso mi raccontano di ritardi o di assenza dei servizi troppo spesso considerati “accessori” e invece fondamentali, come la fisioterapia, la riabilitazione, la logopedia, oppure il supporto psiconcologico. In molti casi operatori e ospedali si sono ingegnati, facendo di necessità virtù e scoprendo nuove modalità di relazione con i pazienti, prima fra tutte la telemedicina e l’aiuto delle nuove tecnologie. Ed è una strada su cui proseguire anche al di là dell’emergenza, ma si tratta di una realtà ancora assai disomogenea, a fronte di tanti assistiti che invece si sono invece sentiti soli.

 

LA RICERCA SCIENTIFICA

E la ricerca? Cosa è successo alla ricerca scientifica? È di questi giorni l’aggiornamento di un’indagine internazionale che ha interpellato migliaia di ricercatori negli Stati Uniti e in Europa e ha analizzato la produzione scientifica in questi due anni di emergenza. La gran parte dei ricercatori dichiara di avere ridotto la sua produttività, soprattutto chi lavorava in laboratorio nella prima fase della pandemia. Escludendo chi ha svolto studi legati al Covid-19, gli altri hanno dichiarato di essere scesi da una media usuale di tre nuovi progetti l’anno a due soltanto nel 2020 e la firma di nuove pubblicazioni è scesa del 5 per cento. C’è chi ha visto chiudersi per mesi le porte del laboratorio, chi ha dovuto limitare l’orario di lavoro per seguire i figli in DAD, sono mancati i convegni, gli incontri, quel confronto diretto che è il nutrimento per le nuove idee nel mondo della scienza, e che solo in parte ha potuto proseguire in modo virtuale. Siamo ripartiti, dati i tempi lunghi della ricerca scientifica, però, ci vorranno anni per capire davvero cosa ci siamo persi. Per questo motivo la risposta non può che essere investire in modo strutturale nella ricerca scientifica.

 

L'APPUNTAMENTO CON LA CONFERENZA MONDIALE SCIENCE FOR PEACE AND HEALTH 

Paolo Veronesi è Presidente di Fondazione Umberto Veronesi, Professore Ordinario in Chirurgia Generale presso l’Università degli Studi di Milano, Direttore del Programma di Senologia e Direttore della divisione di senologia chirurgica dell’Istituto Europeo di Oncologia.
Durante la 13ma Conferenza Mondiale Science for Peace and Health "Next Attualità e prospettive: ripensiamo al domani dopo la pandemia" (15-18 novembre 2021) parteciperà al panel "La pandemia occulta: le malattie che abbiamo lasciato indietro", il 17 novembre 2021 alle ore 19.30

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