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Daniele Banfi
pubblicato il 11-07-2022

Omicron 5, quarta dose e ricoveri estivi: cosa sta accadendo?


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Covid-19

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Con Omicron 5 i contagi tornano a salire ma grazie all'immunità acquisita l'impatto di Covid-19 resta contenuto. Ora la sfida è aggiornare i vaccini e capire a chi somministrarli

Omicron 5, quarta dose e ricoveri estivi: cosa sta accadendo?

Covid-19 torna ad occupare il dibattito pubblico. Dopo la progressiva discesa nel numero di casi, ricoveri e decessi dall'ultima "ondata" dell'inverno 2022, l'inizio del mese di giugno è stato caratterizzato da una ripresa sempre più sostenuta della circolazione virale. Intendiamoci: la situazione, in termini di pressione sugli ospedali e nel numero di decessi non è affatto paragonabile a quanto accaduto ad inizio anno. Sars-Cov-2 però -complice la "nascita" di una variante sempre più contagiosa come Omicron 5, una popolazione a rischio poco vaccinata con la quarta dose e un virus capace di eludere almeno parzialmente la risposta immunitaria- sta rialzando la testa. Una situazione da monitorare che non deve però indurci nell'errore di credere di essere punto a capo. Oggi, grazie ai vaccini, all'immunità ibrida delle tante persone che sono entrate in contatto con il virus nonostante la vaccinazione e grazie allo sviluppo degli antivirali, l'impatto della malattia si è fatto meno severo. Proteggere le fasce più deboli rimane la priorità. Monitorare l'evoluzione del virus ed intervenire con eventuali richiami è però altrettanto importante, esattamente come accade con altre malattie infettive con cui conviviamo da centinaia di anni.

DA WUHAN A OMICRON

Qualsiasi virus, quando si moltiplica, porta con sé degli errori di “copiatura” nel proprio codice genetico. Sars-Cov-2 non è da meno. Dalla prima sequenza conosciuta e depositata ad inizio gennaio 2020 ad oggi sono moltissime le mutazioni che si sono andate a creare. Si tratta di un fenomeno del tutto naturale. Quando queste mutazioni si accumulano nel tempo o comunque quando si verificano alcune particolari condizioni (come l’infezione nelle persone immunocompromesse) può accadere che il virus cambi le proprie caratteristiche al punto tale da dare origine ad una variante virale rispetto al virus originale. Se la variante acqusisce delle caratteristiche tali da migliorarne la diffusione, questa vince su tutte le altre. In questi due anni e mezzo di pandemia lo abbiamo visto: il virus si è evoluto talmente tanto da aver generato diverse varianti sempre più contagiose, ultima in ordine di tempo la Omicron, responsabile già a gennaio di un picco di contagi mai registrato da inizio pandemia. 

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Ma cosa è cambiato in tutti questi mesi? Andando ad osservare il grafico di ricoveri e decessi nel tempo -nonostante il virus con Omicron sia estremamente più contagioso rispetto al ceppo di Wuhan- è evidente come le "ondate" si siano fatte sempre più contenute. Ciò accade perché ci troviamo di fronte ad un nemico a cui progressivamente il nostro sistema immunitario ha preso le misure. Di fronte ad una popolazione sempre più immunizzata, ovvero in possesso anche parzialmente delle armi per rispondere, l’impatto del virus si è fatto sempre minore. Il grande merito di questo risultato è innanzitutto della vaccinazione di massa. Un recente studio pubblicato dalla rivista The Lancet Infectious Diseases ha stimato in oltre 20 milioni le vite salvate -in 185 nazioni- grazie ai vaccini da dicembre 2020 a dicembre 2021. C'è poi un altro aspetto da considerare: al netto della protezione generata dalla vaccinazione, dalla malattia o da tutte e due le situazioni -la cosiddetta immunità ibrida-, la variante Omicron anche se estremamente più contagiosa risulta essere meno virulenta delle precedenti. Una caratteristica che si traduce in una minore severità della malattia.

NON SOLO ANTICORPI: IL RUOLO DELLE CELLULE T

In queste settimane, come molti osservano, sono sempre di più le persone che risultano positive al virus nonostante la vaccinazione. Ciò non significa però che i vaccini non funzionano. Tutt'altro. Dall'osservazione nella popolazione abbiamo imparato che la quantità circolante di anticorpi cala nel tempo. Questo significa che con il passare del tempo la protezione dal contagio viene progressivamente meno. Da quando sono arrivati i vaccini per la prevenzione di Covid-19 gran parte dell’attenzione mediatica -ma non solo- si è concentrata sugli “anticorpi”. Eppure, accanto a questi componenti fondamentali del sistema immunitario, la risposta delle cellule T è altrettanto fondamentale. Queste cellule hanno il compito di riconoscere ed eliminare le cellule infettate dal virus. Per questa ragione, pur non prevenendo la malattia, le cellule T sono fondamentali per ridurre la severità della malattia. Ed è ciò che accade tra i vaccinati e gli ex-malati: Covid-19, pur presentandosi, si fa molto meno severo. Questo perché le cellule T sono infatti "allenate" a riconoscere non un solo elemento della proteina spike ma in media una ventina di porzioni differenti del virus, motivo per cui queste cellule non risentono in maniera significativa della variante che si trovano di fronte rispetto a ciò che accade con gli anticorpi. 

L'IMPORTANZA DELLA QUARTA DOSE

C'è un però. Il virus corre e muta nel tempo. Con BA.5, l'ultima sottovariante Omicron, la capacità di riconoscimento da parte degli anticorpi si fa sempre meno efficace e i casi di reinfezione sono ormai frequenti. Questo significa che per alcune particolari categorie di persone particolarmente fragili, una quarta dose è più che consigliata per ristabilire la protezione e ridurre al minimo il rischio di ospedalizzazione e decesso. Anche in questo caso i dati lasciano poco spazio alle interpretazioni: nonostante un vaccino "vecchio", la quarta dose è in grado di ridurre notevolmente le probabilità -già ridotte di molto nei vaccinati e in chi ha già incontrato il virus- di ricovero e decesso. Se negli Stati Uniti in marzo è stata autorizzata la quarta dose negli over-65, in Italia, al momento, questa viene somministrata solo alle persone immunocompromesse e agli over-80. Visto però l'andamento dei contagi e l'aumento dei ricoveri in queste fasce di popolazione, EMA ha da poco espresso parere favorevole ad una quarta dose dai 60 anni in su. Eppure, nonostante la forte raccomandazione, al momento le quarte dosi stentano a decollare. In Italia solo il 21% degli aventi diritto si è sottoposto alla vaccinazione. La restante parte dunque, seppur protetta parzialmente, rimane maggiormente esposta ai danni del virus. Ed è proprio in queste persone che si verificano più ricoveri e decessi.

RINCORRERE IL VIRUS? I VACCINI PANCORONAVIRUS

La variante BA.5, a breve dominante ovunque, come testimoniato da diversi studi ha la caratteristica di essere la più "immunoevasiva" di tutte, ovvero si tratta di un virus riconosciuto meno efficacemente dal sistema immunitario. Pur rimanendo elevata la protezione da malattia grave -come ampiamente descritto nei paragrafi precedenti-, la necessità di un aggiornamento del vaccino si fa sempre più pressante.  I vaccini, pur funzionando ancora a dovere, sono stati progettati su un virus molto differente da quello che circola oggi. Da alcuni mesi sono in fase di sperimentazione nuovi vaccini adattati alla variante Omicron. Secondo EMA questi dovrebbero essere disponibili prima dell'autunno. Nel documento emesso dall'autorità regolatoria europea il concetto è chiaro: i vaccini a mRNA adattati che incorporano un ceppo della variante Omicron possono aumentare ed estendere la protezione, quando usati come richiamo. Non solo, i vaccini bivalenti che combinano due ceppi di Sars-CoV-2, uno dei quali è Omicron e l'altro il ceppo originale, sembrano offrire una risposta immunitaria ancora più ampia.

La corsa all'aggiornamento però non sembra essere sostenibile: ha senso utilizzare un vaccino contro BA.1 quando circola una BA.5? Meglio che niente ma al momento il virus si è dimostrato correre più veloce dell'aggiornamento dei vaccini. Ecco perché da tempo sono allo studio dei vaccini pancoronavirus, ovvero vaccini in gradi di scatenare una risposta immunitaria diversificata capace di neutralizzare contemporaneamente più varianti. Ad oggi sono diversi quelli in sperimentazione preclinica e clinica. Una strategia che, sul lungo periodo, potrebbe essere quella vincente. Aspettando sempre l'era, se mai ci sarà, dei vaccini spray: con essi, potendo sviluppare anticorpi a livello delle mucose, rappresenta la strategia principe per neutralizzare il virus sul nascere ed impedire che la persona possa fungere da veicolo di contagio. Cosa che accade con poca efficienza con i vaccini attualmente disponibili.

NON SOLO VACCINI: IL RUOLO DEGLI ANTIVIRALI 

Ma nell'attesa di capire l'evoluzione del virus e l'eventuale necessità di sottoporsi ad un richiamo vaccinale anche nella popolazione generale, non dobbiamo dimenticare che ad oggi disponiamo di farmaci estremamente efficaci capaci di ridurre al minimo le probabilità di ricovero e decesso per Covid-19. E' questo il caso degli antivirali come Paxlovid e Molnupiravir, oggi disponibili anche in Italia. Nella popolazione a rischio, se somministrati entro 5 giorni dall'insorgenza dei sintomi, si sono dimostrati estremamente effiaci nell'evitare l'evoluzione della malattia. Le armi a disposizione, oggi, ci sono. Da una gestione in emergenza della malattia occorre passare ad una gestione ordinaria come accade con le altre malattie infettive. Covid-19 non è sparito ma abbiamo tutte le armi per affrontarlo. 

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Giornalista professionista è redattore del sito della Fondazione Umberto Veronesi dal 2011. Laureato in Biologia presso l'Università Bicocca di Milano - con specializzazione in Genetica conseguita presso l'Università Diderot di Parigi - ha un master in Comunicazione della Scienza ottenuto presso l'Università La Sapienza di Roma. In questi anni ha seguito i principali congressi mondiali di medicina (ASCO, ESMO, EASL, AASLD, CROI, ESC, ADA, EASD, EHA). Tra le tante tematiche approfondite ha raccontato l’avvento dell’immunoterapia quale nuova modalità per la cura del cancro, la nascita dei nuovi antivirali contro il virus dell’epatite C, la rivoluzione dei trattamenti per l’ictus tramite la chirurgia endovascolare e la nascita delle nuove terapie a lunga durata d’azione per HIV. Dal 2020 ha inoltre contribuito al racconto della pandemia Covid-19 approfondendo in particolare l'iter che ha portato allo sviluppo dei vaccini a mRNA. Collabora con diverse testate nazionali.


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