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Cardiologia
Daniele Banfi
pubblicato il 22-09-2023

Arresto cardiaco: l'uso del defibrillatore è fondamentale



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Nell'attesa dei soccorsi, accoppiare la rianimazione cardiopolmonare con l'utilizzo del defibrillatore aumenta considerevolmente le probabilità di sopravvivenza

Arresto cardiaco: l'uso del defibrillatore è fondamentale

In caso di arresto cardiaco, indipendentemente dal momento dell'arrivo dell'ambulanza, iniziare le manovre di soccorso attraverso massaggio cardiaco e l'utilizzo del defibrillatore aumenta enormemente le probabilità di sopravvivenza rispetto alla sola compressione del torace. E' questo, in estrema sintesi, il messaggio che emerge da un importante studio dei ricercatori danesi del Nordsjaellands Hospital presentato al recente congresso dell'European Society of Cardiology (ESC).

CHE COS'È L'ARRESTO CARDIACO?

Ogni anno, soltanto in Italia, 60 mila persone muoiono a causa di un arresto cardiaco improvviso. Questa condizione si verifica quando il cuore entra in "fibrillazione ventricolare", una condizione in cui l'organo non si contrae più in maniera coordinata e per questa ragione non riesce più a pompare efficacemente il sangue nel resto del corpo. Ristabilire il corretto battito è dunque fondamentale per la sopravvivenza della persona. 

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COME SI INTERVIENE?

In caso di arresto cardiaco il tempismo è tutto. Prima si ripristina il battito cardiaco e maggiori sono le probabilità di sopravvivere. Per farlo occorre integrare due manovre: la rianimazione cardiopolmonare attraverso il "massaggio cardiaco" e l'utilizzo del defibrillatore semi-automatico (DAE). La prima procedura serve per sostituirsi al cuore nel pompare il sangue nel resto del corpo, la seconda per erogare una scarica elettrica nel cuore e ripristinare così la corretta conduzione elettrica che serve al muscolo per contrarsi. Spesso però quest'ultima procedura viene effettuata solo all'arrivo dell'ambulanza sia per mancanza di DAE sia per la non preparazione all'utilizzo da parte della popolazione. 

LO STUDIO

Nello studio presentato ad ESC i ricercatori danesi hanno voluto valutare la sopravvivenza all'arresto cardiaco sia in chi ha ricevuto il solo massaggio cardiaco in attesa dell'ambulanza sia in chi ha ricevuto massaggio e defibrillazione. Non solo, lo studio ha valutato tutto ciò anche in funzione del tempo passato dall'arresto all'arrivo dei soccorsi. L'analisi ha coinvolto oltre 7 mila casi di arresto cardiaco sottoposti a rianimazione cardiopolmonare prima dell'arrivo dell'ambulanza. Tra questi in solo il 14,7% dei casi è stato usato il defibrillatore prima del personale medico. Dalle analisi è emerso che la sopravvivenza a 30 giorni dall'evento è stata del 44,5% nelle persone che hanno ricevuto le due procedure e del 18,8% tra quelle che non hanno ricevuto la defibrillazione prima dell'arrivo dell'ambulanza. Lo studio ha inoltre rilevato, come previsto, che le probabilità di sopravvivenza sono state maggiori quanto prima venivano iniziate le manovre di rianimazione da parte delle persone presenti in attesa dei soccorsi. Un risultato importante che indica l'importanza della capillarità dei defibrillatori e il tempismo nell'iniziare la rianimazione.

IL DEFIBRILLATORE IN ITALIA

Nonostante le evidenze sull'utilizzo precoce del DAE, nel nostro Paese è consentito, oltre che al personale medico, anche al personale sanitario non medico, nonché al personale non sanitario che abbia ricevuto una formazione specifica nelle attività di rianimazione cardiopolmonare. Ciò significa che il comune cittadino, non essendo formalmente autorizzato ad utilizzare il DAE, potrebbe essere portato a non usarlo anche in caso di emergenza per il timore di ripercussioni legali. Timore però infondato perché nei casi di sospetto arresto cardiaco è comunque consentito l'uso del defibrillatore anche a chi non sia in possesso di formazione specifica. In questo caso si applica l'articolo 54 del codice penale "Stato di necessità" a colui che, non essendo in possesso dei predetti requisiti, nel tentativo di prestare soccorso a una vittima di sospetto arresto cardiaco, utilizza un defibrillatore o procede alla rianimazione cardiopolmonare. 

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Daniele Banfi
Daniele Banfi

Giornalista professionista è redattore del sito della Fondazione Umberto Veronesi dal 2011. Laureato in Biologia presso l'Università Bicocca di Milano - con specializzazione in Genetica conseguita presso l'Università Diderot di Parigi - ha un master in Comunicazione della Scienza ottenuto presso l'Università La Sapienza di Roma. In questi anni ha seguito i principali congressi mondiali di medicina (ASCO, ESMO, EASL, AASLD, CROI, ESC, ADA, EASD, EHA). Tra le tante tematiche approfondite ha raccontato l’avvento dell’immunoterapia quale nuova modalità per la cura del cancro, la nascita dei nuovi antivirali contro il virus dell’epatite C, la rivoluzione dei trattamenti per l’ictus tramite la chirurgia endovascolare e la nascita delle nuove terapie a lunga durata d’azione per HIV. Dal 2020 ha inoltre contribuito al racconto della pandemia Covid-19 approfondendo in particolare l'iter che ha portato allo sviluppo dei vaccini a mRNA. Collabora con diverse testate nazionali.


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