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Cardiologia
Roberta Altobelli
pubblicato il 01-03-2024

Salute del cuore: 100 anni di progressi



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Passato, presente e futuro delle terapie per le malattie cardiovascolari. Sei tappe riassunte dall'American Heart Association

Salute del cuore: 100 anni di progressi

Negli ultimi 100 anni, i grandi progressi nella comprensione e nel trattamento delle malattie cardiovascolari hanno permesso di salvare milioni di vite. Dalle conoscenze anatomiche di base alla comprensione dei meccanismi molecolari, a cento anni dalla sua fondazione, la American Heart Association (AHA) ha fatto un bilancio di tutte le scoperte e gli avanzamenti della scienza e della tecnica nel campo delle malattie cardiovascolari avvenute nell’ultimo secolo. Poiché le malattie cardiache e l’ictus rimangono le principali cause di morte in tutto il mondo, le soluzioni alle sfide del prossimo secolo dovranno combinare le lezioni del passato con le innovazioni del futuro.

 

1920-1930: I PRIMI SVILUPPI TENCOLOGICI

Durante i primi decenni del secolo scorso, si sono verificati progressi significativi nella comprensione delle malattie cardiovascolari, con un passaggio da conoscenze anatomiche grossolane a una comprensione più precisa delle interazioni cellulari nei vasi sanguigni e nei tessuti sani, rispetto a quelli malati. Lo sviluppo e il perfezionamento degli approcci invasivi per valutare l'anatomia dei vasi del cuore (coronarie) e la funzione cardiaca hanno permesso l’espansione della pratica clinica. Nel 1924 Willem Einthoven vince il premio Nobel per la Medicina per aver sviluppato il primo elettrocardiografo e nel 1927 António Egas Moniz utilizza i raggi X per produrre le prime immagini delle arterie cerebrali in un essere umano vivente. Nel 1929, vengono sviluppate le prime procedure di cateterismo cardiaco destro da parte di Werner Forssmann, che porranno le basi per le future tecniche di imaging e chirurgiche. Nel 1937 viene, inoltre, eseguito il primo intervento chirurgico su un aneurisma intracranico.

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1940-1950: MIGLIORANO LE CONOSCENZE EPIDEMIOLOGICHE

Il 1948 è l’anno di un’importante pubblicazione, il primo grande studio statunitense sull'epidemiologia delle malattie cardiovascolari, condotto da Framingham, che ha posto le basi per lo studio dell'evoluzione delle malattie cardiache e per l’identificazione di fattori di rischio per infarto e ictus. Nel 1949 iniziano anche gli studi sui diuretici, utilizzati per il trattamento dell’ipertensione. Tra i 1950 e il 1956, viene proposta l’idea che basse dosi giornaliere di aspirina fossero in grado di prevenire infarti e ictus. Nel 1953 viene realizzato il primo ecocardiografo. Successivamente, nel 1957, il Dott. Ancel Keys è stato il primo ad esplorare le relazioni tra grassi alimentari, colesterolo e malattie cardiache.

 

1950-1960: I PROGRESSI NELL'ELETTROFISIOLOGIA E NELLA LOTTA AL FUMO

Tra gli anni ’50 e ’60 si sono avuti molti progressi nella scienza elettrofisiologica, la branca della fisiologia che studia il funzionamento dell'organismo dal punto di vista elettrico. Infatti, è proprio nel 1956 che viene utilizzato per la prima volta un defibrillatore esterno e nel 1957 viene sviluppato il primo pacemaker. Negli anni '50, inoltre, è iniziata la lotta al tabagismo. Da allora sono stati compiuti sforzi significativi per combattere l’abitudine del fumo e promuovere la salute polmonare e cardiovascolare. La ricerca sulla dipendenza da tabacco e gli sforzi per la sensibilizzazione hanno portato, negli anni successivi, a importanti regolamentazioni e divieti in tutto il mondo.

 

1960-1970: IL PRIMO TRAPIANTO DI CUORE

Gli anni ’60 sono quelli del boom della chirurgia cardiaca. Nel 1960 vengono effettuati il primo intervento di bybass coronarico e il primo impianto di una valvola artificiale. Nel 1967, inoltre, viene trapiantato con successo il primo cuore, in Sud Africa. Non solo, negli anni ’60 è stato utilizzato per la prima volta il termine "fattore di rischio", coniato nel 1961 dal Dott. William Kannel, sulla base dello studio di Framingham, che aveva portato alla comprensione che pressione sanguigna elevata e livelli elevati di colesterolo, oltre che la presenza di diabete, obesità e altri fattori di rischio modificabili, possono causare le malattie cardiache e l’ictus. Si è, quindi, compreso che le malattie cardiovascolari potessero essere prevenute attraverso interventi che riducono questi fattori di rischio. Nel 1961, l'AHA ha emesso le prime linee guida sull’alimentazione, raccomandando la sostituzione dei grassi saturi con quelli insaturi. In questo decennio, sono molti anche i progressi delle terapie. Nel 1968, il Dott. William Conner propose l’uso di una prima terapia per abbassare i livelli di colesterolo LDL nel sangue e, nello stesso periodo, la scoperta che l’anticoagulazione potesse prevenire l’ictus portò allo sviluppo di nuovi tratta-menti. Inoltre, tra gli anni ’60 e ’70, sono state molte le innovazioni nel campo delle tecniche di imaging, per lo studio dei vasi sanguigni e del cuore.

 

1980-2000: IL RUOLO DELLA GENETICA

Gli studi genetici hanno rivoluzionato la comprensione delle malattie cardiovascolari e dei loro fattori di rischio, aprendo la strada a nuovi approcci di diagnosi e trattamento. Negli anni '80, gli studi sulla familiarità dell'ipertensione e dell'obesità hanno permesso di identificare geni coinvolti nello sviluppo di queste condizioni. In particolare, il campo della genomica ha subito un radicale cambiamento con il Progetto Genoma Umano, lanciato nel 1990 e completato nel 2003, che ha permesso di identificare migliaia di varianti genetiche per le malattie cardiovascolari e neurologiche e i loro fattori di rischio, ponendo le basi per la diagnosi delle malattie genetiche, per la terapia genica e per una migliore comprensione delle condizioni rare. Gli anni ’90 sono anche gli anni dell’avvento delle statine: grazie allo studio CARE, venne dimostrato che le statine sono in grado di ridurre il rischio di problemi cardiaci e ictus nei pazienti ricoverati con pregressa malattia coronarica e alti livelli di colesterolo LDL. In questo decennio, continua anche l’importante opera di sensibilizzazione sui fattori di rischio dovuti agli stili di vita. Nel 1992, l'AHA pubblicò il suo primo documento scientifico sull'inattività fisica come importante fattore di rischio per le malattie cardiache. La pubblicazione portò all’organizzazione di vasti programmi di prevenzione negli anni successivi.

 

2000-2020: LE INNOVAZIONI TERAPEUTICHE E LA LOTTA ALLE DISUGUAGLIANZE

Dal punto di vista degli approcci terapeutici, gli anni 2000 sono quelli in cui viene si afferma l'uso dei beta-bloccanti anche per i pazienti con grave insufficienza cardiaca e in cui viene dimostrato il valore dei diuretici come trattamento di prima linea per l’ipertensione. Inoltre, gli studi dimostrano che il defibrillatore impianta-bile può ridurre il rischio di morte nei pazienti con insufficienza cardiaca. Negli ultimi venti anni, tuttavia, sono emerse anche grandi disparità nel trattamento e negli esiti delle malattie cardiovascolari tra diverse popolazioni, evidenziando la necessità di affrontare le disuguaglianze strutturali e sociali nell’ambito della salute. Ad esempio, è stato osservato che gli individui afroamericani hanno un tasso di mortalità per malattie cardiovascolari più alto del 30% e un tasso di mortalità per ictus più alto del 45%. Ma le disparità sono anche dovute a differenze nella possibilità di accesso alle cure, nelle diverse regioni del mondo.

 

IL FUTURO

Nonostante i grandi progressi, il peso delle malattie cardiovascolari è ancora importante a livello globale, indicando un’ampio margine per ulteriori scoperte e innovazioni. Tra le aree che andranno incontro a maggiori progressi, l’AHA segnala il trattamento dell’aterosclerosi, lo xenotrapianto, il trattamento e la prevenzione della miocardite acuta e cronica, la rigenerazione cardiaca e neurale, le interfacce cervello-computer e gli studi sulle interazioni tra genetica e ambiente. Un'altra sfida riguarderà l’ulteriore promozione di stili di vita sani e strategie di trattamento atte a ridurre il rischio di malattia. L'uso crescente di tecnologie innovative come intelligenza artificiale, apprendimento automatico, genomica e cellule staminali potrebbe, nel nostro secolo, portare alla scoperta di nuovi farmaci per il trattamento delle malattie cardiovascolari e alla capacità di riparare il tessuto cardiaco danneggiato dopo un infarto miocardico, mentre il testing genetico è già entrato nella routine della diagnosi e gestione delle cardiomiopatie, dei disturbi lipidici e di altre patologie. Sarà importante, però, che questi progressi non causino un ulteriore aumento delle disparità nell’accesso alle cure.

Nel corso degli anni, gli sforzi della ricerca hanno giocato un ruolo fondamentale nel promuovere una maggiore comprensione delle malattie cardiovascolari e degli ictus, nella prevenzione e nel loro trattamento, contribuendo a migliorare la salute cardiovascolare delle persone in tutto il mondo. Molto c’è ancora da fare, con tante tecnologie già in via di sviluppo, che probabilmente permetteranno di avvicinarci sempre di più alla realizzazione della promessa di una medicina personalizzata per il trattamento delle condizioni cardiovascolari.

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