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Neuroscienze
Redazione
pubblicato il 30-01-2012

Anna, isolata dai litigi e dai mille propositi



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Mia figlia era sempre stata vivace, ma lo divenne troppo. Impulsiva, attaccabrighe, spietata con suo padre. Fu il suo abuso di tranquillanti a illuminarmi: e se il suo fosse un disturbo psichiatrico?

Anna, isolata dai litigi e dai mille propositi

«Si parla tanto di disagio giovanile, espressione che dice tanto e niente, che ritengo utile raccontare la storia di mia figlia che qui chiamerò Anna. Hanno dei problemi, tanti giovani, che paiono maleducazione, arroganza ecc, e invece sono dei veri problemi medici. Di psichiatria, la medicina che fa più paura per lo stigma che comporta. Inutile dirsi “mio figlio non è matto”: se agisce in un certo modo, non sarà matto ma per esempio borderline sì, come risultò alla fine mia figlia. E meno male che l’hanno “targata” così, perché era la diagnosi esatta e da lì ha potuto partire la risalita.

«Vivace Anna lo era sempre stata, fin da piccola, e a me piaceva così. Poi verso i 17 anni ha cominciato a esserlo troppo. In casa scattava a ogni minima osservazione o qualcosa che non andava come voleva lei, con suo padre soprattutto era litigiosa e col tempo è diventata sempre più aspra fino a tagliarlo fuori completamente. Con me non andava tanto meglio. Non stava più ferma un minuto, un’iniziativa via l’altra senza combinare nulla. L’auto gliela abbiamo proibita, nascondendo la chiave,  perché si era messa a correre come un diavolo e abbiamo detto basta dopo due incidenti per fortuna leggeri ma in cui la colpa era sua e in cui aveva pure insultato gli altri automobilisti.

«Liti anche a scuola, compagni che osannava come il più grande amico del mondo dopo un po’ crollavano di colpo nella sua considerazione “è una m… come gli altri”, la sua frase di condanna. C’era una professoressa che ha cercato più degli altri di capirla, di starle dietro e Anna lo raccontava, esagerata come sempre: “Solo la prof. di italiano mi capisce! Lei sì è quasi una mamma con me!”. Un giorno però questa prof. è intervenuta per sedare una lite suscitata, come al solito da Anna, ed ebbe il torto di dirle che era colpa sua. Basta! Una vera str…. la prof di italiano, peggio degli altri ecc. E la “delusione” fu tale da indurre mia figlia a chiudere con la scuola. Basta. E le discussioni che facemmo, a non finire, non la smossero di un centimetro.

«La vedevo scivolare in una deriva sociale inarrestabile. Ormai il telefono non suonava quasi più per lei, gli amici si erano via via diradati, e che prospettive aveva davanti questa mia povera figlia? L’ho convinta a cercare lavoro, ha provato in due posti ma nulla le andava bene. Tutti cretini, a sentir lei. E intanto aveva cominciato a bere, a star fuori a ore impossibili, ho saputo che fumava degli spinelli (ma non in casa), l’ho sorpresa anche con delle pastiglie: credevo fossero di droga, mentre lei era fuori sono andata a rovistare nelle sue cose, le ho trovate. No, erano di ansiolitici: male lo stesso, perché li prendeva a go-go. E poi chi glieli aveva prescritti?

«Questa faccenda degli ansiolitici però mi ha come acceso una lampadina: ma non sarà mica malata, Anna, e non solo una “cattiva ragazza”, maleducata e arrogante? Dopotutto, è vero, non la vedevo mai contenta, serena. Sempre in tensione o sovraeccitata. Su e giù con lo stato d’animo, senza soste. La convinsi ad  andare dal medico, anzi da più medici perché ne abbiamo passati più d’uno con diagnosi , e relativa terapia, sbagliati: disturbo bipolare,  nevrosi isterica, disturbi alimentari … Niente da fare. Lei, poi, le cure le seguiva a modo suo. Finché non siamo arrivati a uno psichiatra che ha fatto la diagnosi di un disturbo della personalità: borderline. Era la diagnosi giusta, come si è visto poi, e in più quel medico piacque a mia figlia. La conquistò. Tanto che riuscì a farle accettare anche uno psicoterapeuta in modo da abbinare le sedute alla cura farmacologica. Qualunque cosa le dica il “suo” dottore, Anna la fa. Almeno finora.

«Ai primi miglioramenti non osavo credere, ma mia figlia ha preso a star meglio davvero e  dopo un anno e mezzo circa ha accettato di cercare un lavoro.  L’ha trovato in una cooperativa di giovani di copisteria per l’università. E’ lì da un annetto, pare si faccia accettare, dice che il lavoro le piace e a volte il telefono in casa squilla anche per lei.

«Io sono grata ai due medici di Anna e al Signore. Ora guardo in avanti con un po’ di speranza. Mi sostiene pure la prospettiva che, secondo quanto mi ha detto lo psichiatra, il disturbo borderline verso i 40-45 anni si placa. Così mentre noi invecchieremo lei sarà via via stabile, capace di badare a se stessa».

Milena, Napoli

Una guida per capire i disturbi di personalità


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