La malattia è, per incidenza, la seconda neoplasia urologica più difusa tra gli uomini dopo quella alla prostata. Fondamentale è la diagnosi precoce, con test sensibili e non invasivi
Marchigiano di 39 anni, il biologo Davide Sartini (nella foto) è uno degli 11 ricercatori sostenuti nel 2016 da Fondazione Veronesi nell’ambito del progetto SAM-salute al maschile, dedicato ai tumori tipicamente maschili. Davide lavora come ricercatore post-dottorato all’Università Politecnica delle Marche e si occupa del tumore alla vescica, che riguarda 430mila persone ogni anno al mondo, e tre pazienti su quattro sono uomini. Il principale fattore di rischio è il fumo, ma la sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi si attesta intorno all’80%, se diagnosticato in tempo.
Gli esami attualmente adottati per la sua diagnosi sono la cistoscopia - ovvero un’endoscopia effettuata attraverso l’uretra - e l’analisi citologica delle urine. Tuttavia l’analisi citologica ha scarsa sensibilità nel rilevare i tumori di basso grado, mentre l’indagine cistoscopica è molto invasiva e quindi poco gradita al paziente. Pertanto, è necessario individuare marcatori molecolari per una diagnosi precoce e non invasiva di tale tumore; di questo si occupa la ricerca di Davide.
In cosa consiste nei dettagli il tuo progetto di ricerca?
«L’obiettivo principale è l’analisi dei livelli di espressione, mediante Real-Time PCR, dell’enzima nicotinamide N-metiltrasferasi (NNMT) in cellule che derivano dal normale sfaldamento della parete vescicale e finiscono nell’urina. Verranno analizzati sia campioni da urine di pazienti affetti da carcinoma della vescica e sia da soggetti sani di controllo.
L’ipotesi da verificare è che ci siano differenze significative dei livelli dell’enzima NNMT tra i campioni patologici e quelli di riferimento, al fine di poter stabilire un valore soglia in grado di discriminare i soggetti malati dai controlli. Infine saranno esplorate le eventuali correlazioni tra i dati ottenuti dai campioni patologici con le caratteristiche cliniche dei pazienti, per capire se si possono ottenere informazioni sul decorso della malattia analizzando i livelli di enzima nelle urine».
Quali prospettive apre, anche a lungo termine, per la salute umana?
«L’identificazione di una molecola che, dosata a livello urinario, sia in grado di rilevare la presenza di un tumore in atto rappresenta un importante traguardo. Tale biomarcatore potrà infatti essere utilizzato per la messa a punto di test di laboratorio che aiuti i medici a fare una diagnosi precoce e non invasiva del tumore alla vescica».
Come ti vedi fra dieci anni?
«Mi piacerebbe diventare professore universitario».
Cosa ti piace di più della ricerca?
«Lo stimolo quotidiano rappresentato dalle domande scientifiche a cui devo provare a rispondere».
E cosa invece eviteresti volentieri?
«Le precarietà».
Quale figura ha ispirato la tua vita personale e professionale?
«Ce n’è più di una. I primi sono sicuramente i miei genitori. Sul piano professionale, il responsabile del laboratorio di ricerca in cui lavoro e ultima, ma non per importanza la mia ragazza, laureanda in medicina. Con lei ho razionalizzato la mia spiccata passione per le questioni mediche».
Pensi che la scienza e le ricerca abbiano dei “lati oscuri”? Se sì quali?
«Le questioni economiche, come accade in tutti i settori, rappresentano pericolosi lati oscuri che riguardano la scienza e la ricerca. Il problema diventa grave quado le ragioni economiche passano sopra alla pelle delle persone. Quando ci sono di mezzo i soldi, tanti soldi, pochi si fanno scrupoli morali».
Cosa ne pensi dei “complottisti” e delle persone contrarie alla scienza per motivi “ideologici”?
«In generale mi ritengo una persona molto tollerante, pertanto non mi sento di scagliarmi contro queste persone. Penso che il progresso, inteso come bagaglio di esperienze che gioverà alle generazioni future, difficilmente possa prescindere dal “sacrificio” di qualcuno. Spesso le posizioni assolutiste ed estremiste sono figlie dell’ignoranza, dell’esaltazione e della strumentalizzazione».
Con chi ti piacerebbe andare a cena una sera e cosa vorresti chiedergli?
«Mi piacerebbe andare a cena con Renzi e fagli alcune domande sul futuro di noi giovani».
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Chiara Segré
Chiara Segré è biologa e dottore di ricerca in oncologia molecolare, con un master in giornalismo e comunicazione della scienza. Ha lavorato otto anni nella ricerca sul cancro e dal 2010 si occupa di divulgazione scientifica. Attualmente è Responsabile della Supervisione Scientifica della Fondazione Umberto Veronesi, oltre che scrittrice di libri per bambini e ragazzi.