Ruben Quintana Cabrera a Padova studia un nuovo meccanismo con cui il glioma cresce e si diffonde: «importando» le centrali energetiche delle cellule a partire dal tessuto sano
Da Gran Canaria, dove è nato 32 anni fa, all’Italia passando per Salamanca in Spagna e Ginevra in Svizzera: è il viaggio professionale compiuto da Ruben Quintana Cabrera (nella foto), laureato in farmacia e specializzato in neuroscienze. Oggi lavora come ricercatore post-dottorato all’Istituto Veneto di Medicina Molecolare a Padova, sostenuto da una borsa di ricerca della Fondazione Umberto Veronesi. Il suo obiettivo è svelare alcuni segreti alla base del metabolismo del glioma, il tumore al cervello più aggressivo, e per il quale al momento le opzioni terapeutiche sono limitate. Tutte le cellule del corpo hanno infatti bisogno di raggiungere un bilancio energetico che permetta la loro sopravvivenza. I mitocondri, organelli deputati a produrre energia, sono essenziali per mantenere la vitalità cellulare. Inoltre i mitocondri sono anche capaci di programmare la morte cellulare in condizioni di stress. In certi contesti patologici, come nei tumori, alcune cellule maligne, che necessitano di maggiore energia per sostenere la loro crescita anomala, sviluppano diverse strategie per garantirsi il corretto approvvigionamento energetico, contribuendo alla progressione del tumore. Proprio del ruolo dei mitocondri nel glioma si occupa Ruben nel centro di ricerca padovano.
In che cosa consiste nei dettagli la tua ricerca?
«Studio una proprietà sorprendente dei mitocondri, da poco individuata e ancora poco conosciuta: la capacità di uscire dalla cellula normale ed incorporarsi nelle cellule tumorali per apportare l’energia necessaria a cominciare la migrazione verso altri tessuti, nel processo di metastatizzazione. Nonostante l’estrema novità del progetto, abbiamo già alcuni dati che indicano come l’importazione mitocondriale che il tumore mette in atto per rifornirsi di energia possa essere sfruttata anche per attivare la morte programmata delle cellule di glioma. Il lavoro da fare però è ancora tanto, per comprendere i meccanismi molecolari che regolano il trasferimento dei mitocondri e i cambiamenti indotti nelle cellule tumorali».
Quali potranno essere le applicazioni alla salute umana dei risultati del tuo lavoro?
«Come per molte altre ricerche, la conoscenza sempre più approfondita delle molteplici strategie con cui i tumori crescono e si diffondono è il requisito essenziale per trovare nuove strategie terapeutiche. L’obiettivo ultimo è naturalmente sempre quello di prevenire lo sviluppo dei gliomi o sviluppare terapie davvero efficaci».
Come ti vedi fra dieci anni?
«È difficile fare predizioni a lungo termine in un lavoro con molta concorrenza, ma vorrei continuare a fare ricerca nella mia specialità».
Cosa ti piace di più della ricerca?
«Scoprire cose nuove e interagire con altri ricercatori di diversi paesi sono le cose più piacevole della ricerca».
E cosa invece eviteresti volentieri?
«L’instabilità professionale e la mancanza di investimenti».
Se ti dico scienza e ricerca, cosa ti viene in mente?
«Conoscenza, soluzioni, progresso».
Quali saranno, secondo te, gli ambiti di ricerca che fra 50 anni avranno contribuito maggiormente al benessere collettivo?
«Visti i suoi vantaggi, punterei sulla prevenzione e diagnosi precoce con metodi di analisi più precisi e frequenti che permettano di caraterizzare e colpire le malattie al più presto».
Pensi che la scienza e le ricerca abbiano dei “lati oscuri”?
«Un lato oscuro è rappresentato dalla mancanza di una cultura scientifica che faccia interiorizzare la scienza come una priorità per il benessere delle persone e lo sviluppo socioeconomico. Inoltre, i politici devono considerare l’investimento in ricerca come il modello da seguire nei paesi sviluppati».
Cosa ne pensi delle persone contrarie alla scienza per motivi “ideologici” (ad esempio, gli antivaccinisti)?
«Seguire mode o credere a tutto ciò che viene affermato ci rende sensibili alle voci di chi cerca di ingannarci con informazioni spesso manipolate, che addirittura entrano nel pensiero comune e si assumono come vere. Verificare l'informazione con fonti affidabili è essenziale per fare una scelta, sopratutto quando coinvolge la nostra salute».
Se un giorno i tuoi figli ti dicessero che vogliono fare i ricercatori, cosa diresti?
«Saranno loro a scelgiere la propria strada. Consiglierei loro di fare questo lavoro, o qualsiasi, con passione ed essendo felici».
Qual è il senso profondo che ti spinge a fare ricerca ogni giorno?
«La convinzione che la ricerca è il miglior modo di capire e migliorare la salute e la qualità di vita delle persone».
Chiara Segré
Chiara Segré è biologa e dottore di ricerca in oncologia molecolare, con un master in giornalismo e comunicazione della scienza. Ha lavorato otto anni nella ricerca sul cancro e dal 2010 si occupa di divulgazione scientifica. Attualmente è Responsabile della Supervisione Scientifica della Fondazione Umberto Veronesi, oltre che scrittrice di libri per bambini e ragazzi.