Un fumatore su 3 spende almeno 100 euro al mese (ma non lo sa). Se il prezzo raddoppiasse, 1 su 2 smetterebbe e impiegherebbe i risparmi per viaggiare
«Se smetto, faccio un viaggio». Questo è il sogno prevalente fra i fumatori italiani, interpellati dalla Fondazione Umberto Veronesi che per la Giornata mondiale contro il fumo 2019 lancia un appello alle istituzioni: aumentare il prezzo del tabacco è una misura necessaria ed efficace per difendere la salute di tutti i cittadini.
Fumare costa, in salute soprattutto, ma anche in risorse e denaro. La sorpresa è che la maggior parte dei fumatori italiani non ne è consapevole e scopre di spendere più di quanto immaginato: in un terzo dei casi oltre cento euro al mese. Così una ricerca promossa dalla Fondazione Umberto Veronesi e condotta da AstraRicerche (scarica qui i dati) su 1.500 italiani fra i 15 e i 65 anni traccia un identikit dei consumatori di tabacco, con un focus speciali sui costi: quanto si spende per fumare e quale impatto avrebbe un aumento della tassazione sui prodotti del tabacco per la salute degli italiani.
GLI ITALIANI E IL PREZZO DEL TABACCO: SCARICA I DATI DELL'INDAGINE
L'INDAGINE: CHI SONO I FUMATORI E QUANTO FUMANO?
Resta stabile e alta la prevalenza di consumo di tabacco fra gli italiani e ogni anno, solo in Italia, muoiono 70.000 persone a causa del fumo. Il 38.7% degi intervistati da AstraRicerche dichiara di fumare almeno 3 sigarette al giorno e un ulteriore 8.1% di farlo solo a volte o fino a 2 sigarette al giorno. Spiega Cosimo Finzi, sociologo e coordinatore della ricerca: "Fumano più gli uomini delle donne (42% e 35% rispettivamente), il massimo del consumo è intorno ai 45-54 anni (fuma il 47%) per poi scendere al 41% dei 55-65enni. L'abitudine al fumo è più diffusa nel Centro/Sud rispetto al Nord (in particolare al Triveneto dove fuma il 29% degli intervistati), non si riduce se ci sono minorenni in famiglia (anzi: 45% se presenti, 35% se non presenti), cresce con la classe socio-economica autoattribuita (dal 34% della classe inferiore al 45% di quella superiore). Rispetto a 3 anni fa risulta aumentato il numero di sigarette fumate: il 31.8% dei fumatori ha aumentato mentre solo il 19.9% lo ha ridotto". Ben 7 fumatori su dieci affermano di aver bisogno della sigaretta (per il proprio corpo o a propria mente): farebbe molto o abbastanza fatica a privarsene; solo il 9.0% non avrebbe difficoltà ad abbandonarla. Da notare che si ritengono dipendenti anche i fumatori saltuari (il 33% non rinuncerebbe al tabacco) e quelli moderati (chi fuma fino a 5 sigarette al giorno nel 51% dei casi farebbe fatica a interrompere questa abitudine). D'altra parte anche andando ad applicare i criteri usati dai medici, ovvero il test di Fagerstrom, risulta che il 27.4% dei fumatori ha una dipendenza alta o molto alta, mentre solo il 16.9% ha bassa dipendenza.
L'INDAGINE: QUANTO SI SPENDE PER IL FUMO?
In base alle risposte fornite è stata stimata una spesa annuale per il tabacco per ciascun intervistato. Più di un terzo (34.1%) spende almeno 100 € al mese e un ulteriore 25.8% tra 700 € e 1.200 € all'anno. Se messi di fronte alla somma lasciata dal proprio tabaccaio, quasi il 50% dei fumatori risultano sorpresi dall'ammontare calcolato, ritenendolo molto superiore (21.3%) o superiore (28.1%) a quando immaginava. Solo il 4.9% 'scopre' tramite il questionario di spendere meno del previsto. Alla domanda su come impegherebbero quella cifra ipotizzando di smettere di fumare, la risposta dominante è stata un viaggio o una vacanza (58%), seguita a distanza da abbigliamento (16%), risparmio o investimento (11%), food e ristoranti (10%) e la spesa settimanale, magari con una maggiore qualità del cibo (9%).
L'INDAGINE: E SE AUMENTASSE IL PREZZO DELLE SIGARETTE?
Fra le misure considerate più efficaci per limitare l’impatto devastante del tabagismo vi è l’aumento del prezzo del tabacco. Se i prezzi raddoppiassero (sigarette confezionate e tabacco sfuso) il 46% degli intervistati smetterebbe di fumare e il 32,4 ridurrebbe di molto. Se aumentasse del 20%, il 5.1% smetterebbe di fumare e un ulteriore 18.0% diminuirebbe molto. Nel caso di un aumento del 50% lascerebbe la sigaretta il 20.4% calerebbe di molto il 38.5%. Nell'ipotesi più plausibile (+20%), la forte riduzione o l'interruzione (media: 23.1%) sarebbero più forti nella classe inferiore (26%), tra chi ha bassa dipendenza secondo il test di Fagerstrom (41%), ma non varierebbero significativamente in base al numero di sigarette fumate quotidianamente. L'impatto minimo si avrebbe in Triveneto (solo 10%) e le donne reagirebbero in misura minore (20%) rispetto agli uomini (26%). Da tenere in attenta considerazione il rischio di passaggio ad altre soluzioni: il 70.9% passerebbe alle sigarette elettroniche e il 20.5% cercherebbe di ricorrere a canali di approvvigionamento non ufficiali (e quindi illegali).
Ma cosa pensano gli italiani (fumatori e non) di una misura come l'aumento del prezzo attraverso l'aumento dell'accisa sul tabacco? L'ipotesi vede favorevole il 46.5% della popolazione italiana e contrario il 35%. Il discorso cambia se si ipotizza che le entrate aggiuntive siano destinate alla prevenzione e alla cura delle malattie legate al fumo: i favorevoli diventano il 57.3% e i contrari il 21.2%.
IL TAVOLO DI LAVORO
La comunità scientifica e l'Organizzazione mondiale della salute considerano l'aumento della tassazione sul tabacco come una fra le misure più efficaci per controllare l'epidemia di tabagismo su scala mondiale. Le implicazioni economiche sono complesse, così come gli interessi in gioco. Per questo la Fondazione Veronesi ha riunito un tavolo di lavoro sul costo del tabagismo, in cui Giovanni Fattore, Professore Ordinario presso il dipartimento di Scienze sociali e politiche dell’Università Bocconi di Milano ha affiancato il Comitato scientifico della Fondazione Umberto Veronesi per la lotta al fumo, composto da: Roberto Boffi (Responsabile S.S.D. Pneumologia, Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori), Silvano Gallus (Responsabile Laboratorio di Epidemiologia degli Stili di Vita dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS di Milano), Sergio Harari (Direttore U.O. Pneumologia, Ospedale San Giuseppe, Milano e Presidente Associazione Peripato), Licia Vanessa Siracusano (U.O. Oncologia medica e Ematologia, Referente del Centro Antifumo dell’Istituto Clinico Humanitas di Rozzano, MI), Giulia Veronesi (Responsabile Chirurgia Robotica, Istituto Clinico Humanitas, Rozzano, MI).
CON UN EURO A PACCHETTO IN PIU' 7 MILIARDI DI SIGARETTE IN MENO
Spiega Silvano Gallus: «In Italia un aumento dell’accisa di un euro a pacchetto, in un anno, farebbe vendere 360 milioni di pacchetti (oltre 7 miliardi di sigarette) in meno e farebbe entrare nelle casse dello stato 2,2 miliardi di euro in più. L’aumento della tassazione sui prodotti di tabacco è una strategia efficace, attuabile, raccomandata dall’intera comunità scientifica, favorisce la salute degli italiani, non può che favorire la finanza pubblica ed è fortemente accettata dai non fumatori, ma anche da una sostanziale parte dei fumatori».
AUMENTO EFFICACE MA ATTENZIONE ALLE DISEGUAGLIANZE
«Questo aumento - osserva Giovanni Fattore - salverebbe migliaia di vite all’anno, consentendo anche notevoli risparmi di spesa sanitaria. Al tempo stesso, però, peserebbe di più sui fumatori con reddito basso che non riescono a smettere. Per correggere questo aspetto punitivo, si può prevedere che l’intero gettito venga re-investito in iniziative per favorire una società senza fumo, aiutando concretamente con servizi e terapie i fumatori». «Risparmiare il denaro speso per le sigarette e investirlo in qualità di vita può essere una motivazione importante per chi vuole smettere di fumare», aggiunge Giulia Veronesi. «Anche per questo riteniamo che un aumento consistente del prezzo delle sigarette sia utile a ridurre i consumi e a liberare risorse finanziarie da investire per prevenire e curare le malattie dovute al fumo, senza abbandonare la popolazione a rischio - fumatori ed ex fumatori - che ha bisogno di essere tutelata con programmi di sorveglianza ad hoc».
I CENTRI ANTIFUMO
«I centri antifumo sono il punto di riferimento, il luogo in cui trovare risposte ai dubbi, ottenere una valutazione delle condizioni di salute, della dipendenza dal tabacco e delle soluzioni più utili da adottare. Ma le strutture accreditate sono poche (366), soprattutto al sud, e la prevenzione pare ancora un’occasione di salute largamente sprecata o sottovalutata», afferma Licia Siracusano.
LE SIGARETTE ELETTRONICHE
E se un aumento delle accise spingesse i fumatori – come indica l’indagine della Fondazione Umberto Veronesi - verso le sigarette elettroniche? Risponde Roberto Boffi: «La maggior parte dei consumatori pensa che le sigarette elettroniche e i nuovi dispositivi a tabacco riscaldato siano meno dannosi per la salute. Probabilmente il superamento delle sigarette tradizionali porterà benefici ai fumatori, ma c’è il rischio di una diffusione massiccia, anche tra i non fumatori e i giovanissimi, e l’eventuale minore tossicità deve ancora essere dimostrata in laboratorio da studi indipendenti e da studi epidemiologici di popolazione».
IL PESO DEL FUMO PER IL RESPIRO
Nel 2019 l’OMS dedica il World No Tobacco Day alle malattie respiratorie. Sergio Harari, in conclusione, ricorda: «Il fumo non è solo causa di malattie respiratorie gravi e diffuse, come i tumori e la bronchite cronica. Soltanto in Italia oltre 30.000 persone soffrono di patologie rare legate al fumo come la fibrosi polmonare idiopatica, la bronchiolite respiratoria e l’istiocitosi polmonare a cellule di Langerhans. Condizioni che compromettono pesantemente la qualità di vita, e in molti casi la cessazione del fumo è la prima terapia per i malati».
Fonti
Donatella Barus
Giornalista professionista, dirige dal 2014 il Magazine della Fondazione Umberto Veronesi. E’ laureata in Scienze della Comunicazione, ha un Master in comunicazione. Dal 2003 al 2010 ha lavorato alla realizzazione e redazione di Sportello cancro (Corriere della Sera e Fondazione Veronesi). Ha scritto insieme a Roberto Boffi il manuale “Spegnila!” (BUR Rizzoli), dedicato a chi vuole smettere di fumare.