La vitiligine colpisce 330.000 persone in Italia. Condizione cronica, ha un impatto sociale e psicologico che ne fa qualcosa di più di un problema estetico
È stato presentato in Senato un Manifesto con 5 proposte per promuovere l’attenzione – e la cura – sulla vitiligine. Una condizione che da un lato è molto visibile (chiazze chiare e scure sulla pelle) e dall’altro viene sottovalutata e derubricata a problema estetico. Le persone con vitiligine sono un “esercito” di 330.000 persone in Italia. Quello che chiedono è il pieno riconoscimento della loro patologia, supporto psicologico, interventi mirati ad eliminare lo stigma che pesa sulle loro vite. «A volte abbiamo difficoltà a dare la mano perché diverse persone, vedendo le chiazze, si ritraggono temendo che siamo contagiosi, e non è così», fa presente uno dei malati. E un altro: «Almeno il 60 per cento delle spese per le terapie sono a nostro carico, se non di più», racconta un altro.
LA VITILIGINE, UNA MALATTIA AUTOIMMUNE
Che cos’è la vitiligine? Lo spiega Emiliano Antiga, professore associato in Dermatologia e Venereologia e direttore della Scuola di Specializzazione in Dermatologia e Venereologia presso l'Università di Firenze. «Si tratta di una malattia autoimmune che aggredisce i melanociti, le cellule che rilasciano la melanina che pigmenta la pelle. È come se il sistema immunitario commettesse un errore e, anziché combattere contro patogeni esterni, aggredisse i propri melanociti, eliminandoli. Il risultato è che la pelle diventa bianca, senza colore». Si parla di lesioni acromiche, appunto senza colore. Non c’è dolore, ma si riduce la qualità della vita, le persone si sentono a disagio, “diverse”, davanti agli altri che non possono non vedere la malattia dato che il volto è una delle parti in cui più spesso si manifestano le zone bicolori.
LE IMPLICAZIONI PER LA SALUTE
Quali sono i problemi per la salute di chi ha la vitiligine? «Non c’è sofferenza, è vero, anche se nelle aree colpite dalla malattia il sole determina facilmente ustioni in quanto non c’è la protezione della melanina» dice il professor Antiga. Per questo motivo è sempre fondamentale proteggere le aree depigmentate con indumenti e filtri solari. «Inoltre la vitiligine si può associare ad altre malattie autoimmuni. Le più frequenti sono la tiroidite autoimmune da cui deriva l’ipotiroidismo, la gastrite, la celiachia, il diabete mellito di tipo 1, altre patologie della pelle come psoriasi e dermatite atopica. Più raramente compaiono deficit visivi o uditivi in quanto i melanociti si trovano anche nell’occhio e nell’orecchio». La diffusione della vitiligine riguarda l’1-2 per cento della popolazione, ma è una malattia sottodiagnosticata sia perché diversi malati non vanno dal medico per vergogna e perché spesso i medici la sottostimano, pensano sia un problema minore, solo estetico. L’età di insorgenza è tra i 10 e i 30 anni.
L’EFFETTO SULLA SALUTE MENTALE
Riprende il professor Antiga: «Quando compare, la vitiligine crea problemi di identità, la persona non si riconosce, ha scarsa stima di sé, anche nel lavoro può non sentirsi a suo agio vicino ai colleghi, scarterà tutte le posizioni che prevedono un contatto con il pubblico, spesso compaiono depressione, insonnia, in diversi casi problemi con l’altro sesso. Queste difficoltà sono aumentate dove la popolazione ha la pelle più scura perché le macchie diventano più evidenti. In India, poi, chi ha la vitiligine viene scansato anche perché lì esiste la lebbra, malattia che produce zone della pelle ipocromiche, più chiare, quindi il rifiuto del contatto per paura è ancora maggiore».
LE AREE DEL CORPO
Si guarisce dalla vitiligine? No, è una condizione cronica. Che si manifesta per diverse localizzazioni: c’è la vitiligine segmentale che prende solo una parte del corpo, un braccio, una parte dell’addome a destra o a sinistra…; c’è la vitiligine non segmentale più diffusa sul corpo, che assume una forma detta acrofacciale dove “acro” dal greco indica le estremità, dunque compare sulle mani, sui piedi, sul volto e nella zona genitale.
LE TERAPIE UTILI PER LA VITILIGINE
Per le terapie le vie sono due, anche se nessuna con farmaci risolutivi: o contribuiscono a interrompere il processo autoimmune che fa sparire i melanociti oppure a stimolare una maggiore pigmentazione della pelle. «Spesso si usano creme al cortisone o a base di inibitori topici della calcineurina – dice Emiliano Antiga. – Nelle forme più aggressive si ricorre a immunosoppressori sistemici da prendere per bocca o con iniezioni. Per stimolare la pigmentazione si ricorre alla fototerapia, cioè alle lampade che emettono Uvb a banda stretta che non sono le comuni lampade abbronzanti, ma si trovano in ospedale. Di solito il volto risponde meglio delle mani. Si tratta di successi parziali, c’è chi ha buoni risultati e chi meno. Inoltre si prescrivono antiossidanti, che consistono in integratori da comprare in farmacia».
NUOVI TRATTAMENTI ALLO STUDIO
Negli ultimi anni sono stati condotti più studi sulla patogenesi della vitiligine e si è visto che alcune vie di segnalazione del sistema immunitario hanno un ruolo importante nella malattia: una via coinvolge le Janus chinasi, dette Jak, l’altra l’interleuchina 15, abbreviata in Il-15. Bloccando queste vie di segnalazione si riduce l’aggressione del sistema immunitario nei confronti dei melanociti. Segnala il professor Antiga: «Le cure disponibili non sono molte. Attualmente negli Stati Uniti è disponibile un farmaco promettente, un Jak inibitore in crema, che entro fine anno dovrebbe essere anche nelle farmacie italiane, il Ruxolitinib. Sono allo studio degli anticorpi monoclonali che bloccherebbero l’interleuchina 15. Insomma per chi soffre di vitiligine curarsi non è facile. È un processo lungo e faticoso, dall’esito non scontato. Pochissimi, poi, i centri specializzati. E i pazienti si sentono abbandonati».
Serena Zoli
Giornalista professionista, per 30 anni al Corriere della Sera, autrice del libro “E liberaci dal male oscuro - Che cos’è la depressione e come se ne esce”.