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Tumore dell'ovaio

Tumore dell'ovaio
 

CHE COS’È

Le ovaie sono due piccoli organi a forma di mandorla che fanno parte dell’apparato genitale interno femminile. Oltre alla funzione riproduttiva (sono le gonadi femminili), svolgono una funzione endocrina, secernendo gli estrogeni e il progesterone.

Il tumore dell’ovaio o carcinoma ovarico insorge quando le cellule dell’ovaio crescono e si dividono in modo incontrollato. I tumori dell’ovaio possono essere di molti tipi.

Secondo la classificazione accettata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità si distinguono due categorie di tumori: i primitivi e i secondari, che si differenziano dai primi perché giungono all’ovaio dopo essere apparsi in altre parti dell’organismo. Dal punto di vista istologico i tumori dell’ovaio si suddividono in epiteliali, stromali e germinali. I tumori epiteliali derivano da un malfunzionamento dell’epitelio mulleriano (tessuto che riveste l’ovaio), possono presentarsi in forma benigna o maligna e rappresentano il cinquanta per cento delle neoplasie che colpiscono l’ovaio. Hanno una maggiore incidenza in donne in età compresa tra 55 e 65 anni.

I tumori stromali hanno origine in un altro tessuto della struttura dell’ovaio. Sono neoplasie più rare e rappresentano il quattro per cento dei tumori maligni che possono colpire l’ovaio. I tumori germinali derivano dalle cellule che danno origine agli ovuli. Sono anch’essi più rari rappresentando il cinque per cento dei tumori maligni dell’ovaio.

Questo tipo si manifesta soprattutto in giovane età. Un esempio è rappresentato dal disgerminoma che colpisce bambine o adolescenti nella quasi totalità dei casi.

Per il tumore dell’ovaio non esiste un elenco chiaro e preciso dei sintomi ai quali prestare attenzione.

Tuttavia è opportuno che ogni donna sappia riconoscere alcuni segnali che possono indicare il manifestarsi della malattia e rivolgersi al proprio medico. Nello stadio iniziale, quando è localizzato all'ovaio, il tumore ovarico è generalmente asintomatico.

 

SINTOMI

I sintomi più comuni del tumore dell'ovaio che si possono manifestare nelle forme più avanzate sono: gonfiore addominale, persistente oppure intermittente, necessità di urinare spesso, dolore addominale.

Sintomi meno comuni sono: l’inappetenza, le perdite ematiche vaginali, le variazioni delle abitudini intestinali. Si tratta di sintomi molto aspecifici e comuni che, nella maggioranza dei casi, hanno un'origine differente dalla presenza di un tumore.

Quando però questi sintomi non si erano mai presentati in precedenza e compaiono costantemente ogni giorno per più di 12-15 giorni al mese e per più due o tre mesi consecutivi, si consiglia di contattare il proprio medico di fiducia.

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La salute dell'ovaio

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TRATTAMENTO DEI DATI PERSONALI

 

DIAGNOSI

Una corretta diagnosi di tumore dell’ovaio può essere completata dopo aver effettuato una ecografia pelvica e il controllo dei marcatori tumorali (CA125, CA19.9, HE4, CE15.3 e CEA), attraverso un prelievo del sangue prescritto nel caso in cui il quadro ecografico risultasse sospetto.

In caso di ulteriore dubbio, è bene associare anche una Tac addominale ed eventualmente una Pet che permette di valutare aree ad elevata attività metabolica in modo molto affidabile. Una nota importante riguarda il Pap test, esame che, per questa tipologia di tumore, non ha alcuna validità diagnostica.

La preoccupazione principale è quella di capire se si è di fronte a una neoplasia circoscritta o se la malattia ha già preso piede diffondendosi nella zona pelvica e oltre. Per questo in questa fase vengono eseguite una gastroscopia e una colonscopia per escludere una primitività da parte dell’apparato gastrointestinale.

Il carcinoma ovarico può essere diagnosticato in diversi stadi: I (limitato alle ovaie), II (su una o entrambe le ovaie ed esteso anche agli organi pelvici), III (su una o entrambe le ovaie, esteso agli organi pelvici e/o con metastasi ai linfonodi della stessa zona), IV (con la presenza di metastasi anche a distanza dalla zona delle ovaie, solitamente al fegato e ai polmoni.

Una buona o una cattiva prognosi dipendono dallo stadio del tumore al momento della diagnosi che deve essere il più tempestiva possibile.

 

FATTORI DI RISCHIO

I tumori sono malattie multifattoriali e, anche nel caso dell’ovaio, le cause possono essere genetiche o legate allo stile di vita. Le cause che determinano la divisione e moltiplicazione incontrollata delle cellule nell’ovaio non sono ancora note.

Ciò che si sa è che un certo numero di fattori aumentano il rischio di sviluppare questa forma di tumore. Un primo fattore di rischio è rappresentato dall’età, in quanto il picco di incidenza della malattia si registra tra i 50 e i 60 anni, dunque nelle donne in età peri o postmenopausale.

Tuttavia alcuni tipi di tumore dell’ovaio possono presentarsi in donne più giovani. Il 15-25 per cento dei tumori all’ovaio ha come principale fattore di rischio la familiarità. Donne con madre (o sorella o figlia) affetta da un tumore dell'ovaio, della mammella o dell’utero hanno maggiori probabilità di contrarre la neoplasia. Le alterazioni dei geni Brca 1 e Brca 2 di origine ereditaria possono portare a una predisposizione più o meno importante allo sviluppo del tumore ovarico.

La percentuale di rischio di tumore ovarico è del 39-46 per cento se è presente una mutazione del gene Brca 1 ed è del 10-27 per cento se è presente una mutazione del gene Brca 2.

Essere portatori di una mutazione di tali geni comporta una maggiore probabilità, ma non la certezza, di ammalarsi. In questo caso però è importante seguire un programma di controlli regolari ed accurati così come è importante informare i membri maggiorenni della famiglia che potrebbero essere, a loro volta, portatori della mutazione.

Per accertare l’esistenza di tali alterazioni si effettua il test genetico Brca 1 e Brca 2, un test di laboratorio che permette di individuarne l’esistenza e, in caso positivo, di identificare le possibili opzioni di prevenzione. Non esistendo strategie preventive efficaci per il tumore dell’ovaio, l’annessiectomia profilattica bilaterale (asportazione di tube ed ovaie) è in grado di prevenire la quasi totalità dei tumori ovarici su base genetico-ereditaria.

L’annessiectomia bilaterale (l'intervento di asportazione chirurgica delle ovaie) è oggi consigliata nelle donne con mutazione del gene Brca 1 e Brca 2 che hanno già avuto gravidanze o che hanno superato l’età fertile. Il test di laboratorio è estremamente utile anche quando viene effettuato su pazienti già colpite da tumore ovarico perché consente di modellare la terapia farmacologica su questa specifica situazione e di migliorarne significativamente l’esito.

Oltre alla familiarità e al rischio genetico bisogna considerare il sistema endocrino che si occupa della produzione e distribuzione di ormoni nell’organismo. In genere ovulazioni ripetute sembrano associate a un rischio maggiore di contrarre la malattia, mentre la gravidanza sembra giocare un ruolo importante come fattore protettivo del tumore dell’ovaio proprio per la riduzione del numero di ovulazioni.

Lo stesso vale per un prolungato allattamento che, da studi effettuati, sembra incidere positivamente nel proteggere dalla malattia. Alcuni studi hanno mostrato un’incidenza maggiore di tumore all’ovaio in donne soggette a menarca precoce (prima mestruazione) o menopausa tardiva. Esiste anche una correlazione tra endometriosi e tumore all’ovaio.

Al contrario l’assunzione prolungata della pillola anticoncezionale è associata a un rischio minore di contrarre la malattia. L’obesità, il fumo, l’assenza di esercizio fisico sono ulteriori fattori che aumentano il rischio di sviluppare questa neoplasia.

 

COME SI CURA

La scelta della terapia dipende dalla sede e dallo stadio del tumore, dall'età e dalle condizioni generali del paziente ed è comunque il frutto di una valutazione multidisciplinare.

Chirurgia

La chirurgia rappresenta uno step centrale del trattamento del tumore ovarico. È utilizzata per porre la diagnosi della malattia e per la stadiazione del tumore ovarico, oltre che per rimuoverlo più radicalmente possibile. Nelle pazienti con malattia in stadio avanzato, la chirurgia, oltre a valutare l’estensione della malattia, è finalizzata all’asportazione di tutto il tumore visibile (chirurgia citoriduttiva).

Se la malattia viene asportata radicalmente il guadagno in termini di sopravvivenza per la paziente arriva a quaranta mesi rispetto a pazienti in cui l’intervento chirurgico non ha asportato completamente la malattia. Anche nelle pazienti con malattia allo stadio iniziale, la chirurgia svolge un ruolo fondamentale.

Permette infatti una corretta stadiazione al fine di impostare un adeguato management post-operatorio. Inoltre, in mani esperte, l’approccio chirurgico può essere “modulato” in funzione della diffusione di malattia, dell’età della paziente e del suo desiderio riproduttivo

Chemioterapia

La chemioterapia di prima e seconda linea rimane, dopo la chirurgia, il trattamento cardine per il trattamento del carcinoma ovarico e si avvale di un trattamento farmacologico standard a base di paclitaxel e carboplatino, a tutt’oggi la combinazione terapeutica di riferimento.

Negli ultimi anni, per lo più in associazione alla chemioterapia, si sono affermate nuove terapie dette “a bersaglio molecolare”. Si tratta di farmaci rivolti verso un bersaglio specifico identificato come particolarmente importante nella genesi o nella progressione di una determinata neoplasia.

Come per molte forme di cancro, anche per il tumore ovarico un bersaglio molto importante è rappresentato dall’angiogenesi, ovvero dalla crescita dei vasi sanguigni creati dal tumore per rifornirsi delle sostanze nutritive e dell’ossigeno di cui ha bisogno per crescere e diffondersi. La terapia anti-angiogenica aggredisce la malattia arrestando appunto il processo di sviluppo dei vasi sanguigni di cui il tumore ha bisogno per proliferare e diffondersi in altre regioni del corpo. Capostipite di questa classe di farmaci è il bevacizumab, un anticorpo monoclonale che lega e blocca in modo specifico la proteina VEGF (fattore di crescita endoteliale vascolare) che ha un ruolo chiave nell’angiogenesi. Bevacizumab è stato il primo farmaco biologico approvato in Europa ed è il primo inibitore dell’angiogenesi per il trattamento delle donne colpite da tumore ovarico in stadio avanzato non pretrattate che è in grado di ritardare le recidive e prolungare la sopravvivenza senza progressione di malattia.

Un’altra classe di farmaci che negli anni recenti ha cambiato le prospettive di sopravvivenza è quella dei PARP-inibitori, particolarmente efficaci per le pazienti affette da neoplasie con mutazioni dei geni BRCA1 e BRCA2, o che presentano un deficit della riparazione dei danni al DNA (Homologous Recombination deficient o HRd). 

 

QUANTO È DIFFUSO

Stando ai dati riportati nel volume "I numeri del cancro in Italia", nel 2022 sono state stimate all’incirca 6.000 nuovi casi annui di malattia in Italia e quasi 50.000 le donne che hanno avuto una diagnosi di tumore dell'ovaio. Il cancro ovarico rappresenta circa il trenta per cento di tutti i tumori maligni dell’apparato genitale femminile e occupa il decimo posto tra tutti i tumori nelle donne.

In base ai dati dei registri tumori italiani, si stima che lungo la Penisola siano circa 49.800 le donne viventi dopo una diagnosi di tumore dell’ovaio. Il tumore ovarico è un tumore molto insidioso per due principali motivi. Innanzitutto perché è caratterizzato da sintomi aspecifici.

In secondo luogo perché non esistono attualmente strumenti di prevenzione né test di screening precoce. Per tali motivi il carcinoma ovarico in più del sessanta per cento dei casi viene diagnosticato tardivamente quando è già in stadio avanzato e le possibilità di cura sono molto ridotte.

Solo una diagnosi tempestiva può migliorare le probabilità di sopravvivenza: infatti se il tumore ovarico viene diagnosticato in stadio iniziale la possibilità di sopravvivenza a cinque anni è del 75-95 per cento mentre la percentuale scende al 25 per cento per tumori diagnosticati in stadio molto avanzato.

 

FAQ TUMORE DELL'OVAIO

Le risposte alle domande più frequenti sul tumore dell'ovaio

 

Consulenza: Giovanni Scambia, direttore del dipartimento per la tutela della salute della donna e della vita nascente del bambino e dell'adolescente al Policlinico Universitario Gemelli di Roma

 

NOTA BENE: le informazioni in questa pagina non possono sostituire il parere e le spiegazioni del tuo medico

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