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Oncologia
Daniele Banfi
pubblicato il 09-02-2024

Quando il tumore cresce grazie anche al cervello



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Diversi studi indicano la capacità delle cellule tumorali di "parlare" con i neuroni per poter crescere. Interrompere questo circuito potrebbe aiutare a migliorare le terapie anticancro

Quando il tumore cresce grazie anche al cervello

Cellule tumorali e neuroni si somigliano più di quanto pensiamo. Addirittura arrivano a "parlarsi" tramite impulsi elettrici, una caratteristica che si pensava essere tipica delle sole cellule nervose. Il cancro invece, come un camaleonte, riesce ad adattarsi sempre di più per poter crescere indisturbato. Interrompere questo vero e proprio circuito elettrico potrebbe essere una delle nuove startegie per contrastarne la crescita. Ad affermarlo è un ampio articolo comparso sulle pagine della rivista Nature che ha fatto il punto della situazione su questo nuovo filone di ricerca che, nei prossimi anni, potrebbe diventare sempre più "battuto" in fatto di cura dei tumori.

QUANDO CANCRO E CERVELLO SI PARLANO

Le neuroscienze e l'oncologia sono sempre state discipline che si sono "parlate" poco. La situazione però sta repentinamente cambiando: diversi studi stanno incominciando a mostrare quanto in realtà il sistema nervoso, anche al di fuori del cervello, sia un prezioso alleato per la crescita incontrollata dei tumori. Un meccanismo del tutto simile a quello che vede la capacità del tumore di sviluppare intorno a se nuovi vasi sanguigni per ricevere nutrimento e colonizzare altri distretti corporei. Quest'ultima caratteristica negli anni è stata sfruttata per produrre nuovi farmaci, come gli inibitori dell'angiogenesi, utilizzati con discreto successo in associazione ad altre terapie. Per quanto riguarda il sistema nervoso e i tumori le scoperte più eclatante sono due: da un lato le cellule tumorali possono parlarsi tra loro tramite attività elettrica, esattamente come fanno i neruoni, dall'altro queste cellule riescono ad integrarsi nel sistema nervoso ricevendo stimoli utili a replicarsi velocemente. Due caratteristiche impensabili sino a poco tempo fa.

LE ULTIME EVIDENZE

Uno degli articoli scientifici spartiacque in tal senso è datato 2013: in modello animale fu dimostrato che le cellule di tumore alla prostata crescevano grazie alla "collaborazione" con le fibre nervose. Rimosse queste ultime, il tumore regrediva. Nel 2019, sempre in modello aninale, venne dimostrato che alcuni progenitori delle cellule nervose erano in grado di migrare sino alla sede tumorale per trasformarsi, una volta giunti a destinazione, in neuroni. Nel 2022 invece un altro studio ha dimostrato che alcune neuroni sensoriali erano in grado di secernere una molecola (CGRP) capace di spegnere la risposta immunitaria. Ed è proprio nella capacità dei neuroni di spegnere l'infiammazione -utilizzata per evitare danni- che i tumori trovano terreno fertile: colonizzando i neuroni possono garantirsi una crescita incontrastata. 

LE RICADUTE PRATICHE

Queste caratteristiche, pur essendo ancora da studiare in maniera dettagliata, stanno incominciando a portare i ricercatori a teorizzare e sperimentare le prime cure anticancro agendo direttamente sui meccanismi neuronali. L'idea è quella di interrompere il segnale tra tumore e cellule nervocesi. Un esempio sono i beta-bloccanti ad esempio, farmaci già utilizzati per alcuni problemi cardiaci, sono in fase di sperimentazione contro il tumore al seno. I primi trial clinici hanno dimostrato che i beta-bloccanti, in associazione alla chemioterapia, hanno ridotto la presenza di metastasi. Un altro tentativo, prossimo al via per i gliomi, è quello che prevede l'utilizzo di alcuni farmaci comunemente somministrati per l'epilessia per interrompere le sinapsi tra neuroni e cellule tumorali. Infine a breve dovrebbe partire un ulteriore studio per migliorare l'efficacia dell'immunoterapia del melanoma. In questo caso verrà somministrata una molecola in uso per l'emicrania. Il tutto regge sulla seguente ipotesi: dal momento che l'emicrania può essere scatenata da elevati valori di CGRP (la molecola implicata nello spegnimento del sistema immunitario), l'utilizzo del farmaco capace di bloccare l'attività di questa molecola potrebbe portare ad un miglioramento della risposta immunitaria. Ma l'elenco delle sperimentazioni è destinata presto ad allungarsi.

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Daniele Banfi
Daniele Banfi

Giornalista professionista è redattore del sito della Fondazione Umberto Veronesi dal 2011. Laureato in Biologia presso l'Università Bicocca di Milano - con specializzazione in Genetica conseguita presso l'Università Diderot di Parigi - ha un master in Comunicazione della Scienza ottenuto presso l'Università La Sapienza di Roma. In questi anni ha seguito i principali congressi mondiali di medicina (ASCO, ESMO, EASL, AASLD, CROI, ESC, ADA, EASD, EHA). Tra le tante tematiche approfondite ha raccontato l’avvento dell’immunoterapia quale nuova modalità per la cura del cancro, la nascita dei nuovi antivirali contro il virus dell’epatite C, la rivoluzione dei trattamenti per l’ictus tramite la chirurgia endovascolare e la nascita delle nuove terapie a lunga durata d’azione per HIV. Dal 2020 ha inoltre contribuito al racconto della pandemia Covid-19 approfondendo in particolare l'iter che ha portato allo sviluppo dei vaccini a mRNA. Collabora con diverse testate nazionali.


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