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Alimentazione
Caterina Fazion
pubblicato il 02-12-2022

I solfiti negli alimenti: che cosa sappiamo?



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I solfiti sono addizionati agli alimenti come conservanti e antimicrobici. Qual è il loro effetto sulla salute? Esiste una dose sicura? L’EFSA prova a fare chiarezza

I solfiti negli alimenti: che cosa sappiamo?

L’assunzione di grandi quantità di solfiti con la dieta potrebbe costituire un problema per la salute dei consumatori. Questo è quanto hanno concluso gli esperti dell’EFSA, l’Agenzia Europea che si occupa di Sicurezza Alimentare, nella valutazione aggiornata dell'anidride solforosa (E220) e dei solfiti (E221-228).

Tuttavia, i dati sulla tossicità di queste sostanze sono molto lacunosi per cui non è stato possibile stabilire le dosi da considerarsi sicure e la portata di alcuni effetti avversi sulla salute. Come comportarsi in attesa di avere maggiori certezze? Quali sono gli alimenti da tenere sott’occhio? Cerchiamo di fare chiarezza.

 

COSA SONO I SOLFITI?

I solfiti sono molecole che si trovano naturalmente nel nostro corpo e in alimenti come mele, riso, cipolle, cavoli, e bevande come birra o vino, in quanto sono naturalmente prodotti durante la fermentazione. I solfiti a cui prestare maggiore attenzione in termini di salute, però, sono quelli addizionati agli alimenti, utilizzati come conservanti, antiossidanti e antimicrobici. Permettono di conservare a lungo l’aspetto degli alimenti, evitando ad esempio l'imbrunimento, aumentare la conservazione e prevenire la crescita di microrganismi pericolosi come funghi e batteri.

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DOVE SI TROVANO?

I solfiti sono noti per essere spesso addizionati, secondo i limiti di legge, ai vini principalmente bianchi, con svariate funzioni: consentono una migliore fermentazione del prodotto, fungono da antibatterici, garantiscono un colore più gradevole, consentono al vino di essere conservato più a lungo, evitando che si trasformi in aceto. I solfiti si trovano anche in numerosi altri alimenti e bevande come ad esempio succhi di frutta, birra, insaccati, frutta secca e disidratata, aceto, conserve e zucchero, dove è usato come sbiancante.

 

ESISTE UNA DOSE SICURA?

Al giorno d’oggi, purtroppo, non siamo in grado di stabilire una dose giornaliera sicura (DGA), sotto la quale sappiamo che un apporto quotidiano è sicuro. Nel 2016, l'agenzia europea aveva fissato la dose giornaliera massima in 0,7 milligrammi per ciascun chilogrammo di peso corporeo. La pubblicazione del nuovo rapporto, tuttavia, comporta un passo: la limitazione è stata ritirata per mancanza di dati sufficienti in merito alla tossicità, forniti dalle industrie o presenti nella letteratura scientifica. Siamo dunque in attesa della disponibilità di nuovi dati, necessari per concludere sulla loro sicurezza.

Quando ci sono evidenze di effetti nocivi, ma non sufficienti a confermare il quantitativo di sicurezza, interviene un altro parametro che ci può aiutare: il margine di esposizione che indica la probabilità o meno che le assunzioni attuali siano dannose. Si tratta del rapporto tra la dose minima alla quale un effetto avverso viene osservato e il livello di esposizione alla sostanza in questione: nel caso dei solfiti un rapporto al di sotto di 80 potrebbe indicare un problema di sicurezza.

 

I RISCHI PER I GRANDI CONSUMATORI

Gli esperti dell’EFSA dichiarano che i margini di esposizione indagati sono risultati inferiori a 80 per i forti consumatori in tutti i gruppi di popolazione, esclusi gli adolescenti. Ciò significa che le assunzioni stimate per questi consumatori superano potenzialmente ciò che sarebbe considerato sicuro, fino al 12,5% per i bambini (3-10 anni) e fino al 60% per gli adulti. Il gruppo di esperti ha inoltre rilevato prove di effetti avversi sulla salute del sistema nervoso centrale, come una risposta ritardata delle cellule nervose agli stimoli, un segno precoce di disfunzione del sistema nervoso.

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GLI EFFETTI DEI SOLFITI

«Anche se oggi la legislazione è cambiata rispetto al passato e l’utilizzo dei solfiti è limitato ad alcune categorie alimentari - spiega Elena Dogliotti, biologa nutrizionista membro della supervisione scientifica di Fondazione Umberto Veronesi -, non possiamo ignorare i dati relativi all’ipersensibilità di alcuni soggetti a queste sostanze e l’effetto di inattivazione della tiamina, o vitamina B1, da parte dell’anidride solforosa. Motivo per cui oggi l’utilizzo dei solfiti è vietato, salvo rare eccezioni, nei prodotti a base di carne, cereali e legumi, preziose fonti di vitamina B1».

 

COME CAPIRE SE SI È IPERSENSIBILI AI SOLFITI?

«Per quanto riguarda l’ipersensibilità ad oggi non si sa molto - prosegue Elena Dogliotti -, non esiste un test validato scientificamente, come per la maggior parte delle intolleranze, che possa dare diagnosi certe, in rari casi si hanno positività ai test cutanei per l’allergia. I sintomi riportati per i soggetti sensibili ai solfiti sono emicrania, orticaria, nausea, vomito, sudorazione, abbassamento della pressione. Vi sono studi che hanno riscontrato una maggiore sensibilità negli asmatici con acutizzazione dei sintomi e con rari casi di risposte di tipo anafilattico. Quando si sospetta una ipersensibilità, se i sintomi non sono forti, si può provare con un periodo di totale esclusione dei prodotti contenenti solfiti, reintroducendo poi un prodotto con contenuto certo, sperando che l’effetto suggestivo non confonda i sintomi».

 

I CONSIGLI DELL’ESPERTA

In attesa di avere maggiori certezze, capiamo come comportarci per minimizzare i rischi legati all’assunzione dei solfiti ascoltando i consigli di Elena Dogliotti.

«Fortunatamente, la regolamentazione sull’utilizzo dei solfiti ha subito un giro di restrizione notevole, sia nelle possibilità di impiego sia nelle quantità, per cui da consumatori non dovremmo troppo preoccuparci, ad eccezione degli allergici. Abbiamo inoltre la facoltà di leggere le etichette e di scegliere, se necessitiamo o preferiamo, prodotti non contengano solfiti. In più possiamo sperare che il progresso delle tecnologie riguardanti gli alimenti porterà alla sostituzione dei solfiti con sostanze più sicure».

Per sapere cosa cercare ricordiamo che nelle etichette dei prodotti confezionati i solfiti possono essere indicati con i codici che vanno da E220 a E228. Nello specifico si tratta di:

E220 – Anidride Solforosa

E221 – Solfito di Sodio

E222 – Bisolfito di Sodio

E223 – Metabisolfito di Sodio

E224 – Metabisolfito di Potassio

E225 – Solfito di Potassio

E226 – Solfito di Calcio

E227 – Bisolfito di Calcio

E228 – Solfito Acido di Potassio 

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Caterina Fazion
Caterina Fazion

Giornalista pubblicista, laureata in Biologia con specializzazione in Nutrizione Umana. Ha frequentato il Master in Comunicazione della Scienza alla Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati (SISSA) di Trieste e il Master in Giornalismo al Corriere della Sera. Scrive di medicina e salute, specialmente in ambito materno-infantile


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