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Alimentazione
Redazione
pubblicato il 03-02-2015

I grassi "nemici" della memoria?



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Un elevato consumo di grassi trans, contenuti in molti prodotti industriali, comprometterebbe l’attività dell’ippocampo. Ipotesi allo studio. Per ora sono noti i danni sul sistema cardiovascolare

I grassi "nemici" della memoria?

Memoria corta o in calo negli anni d’oro della carriera? Forse è anche colpa degli acidi grassi ‘trans’, siglati dTFA, di cui sono di norma ricchi gli alimenti di produzione industriale. È infatti sotto osservazione la loro possibile azione ossidativa a livello cerebrale con particolari implicazioni sulle facoltà mnemoniche, appunto. A profilare questa ipotesi è uno studio americano, finanziato dal National Heart, Lung, and Blood Institute, condotto da ricercatori dell’Università della California di San Diego e presentato in occasione del recente congresso dell’American Heart Association. E’ presto per trarre conclusioni, osservano i commentatori, per ora restano i buoni motivi per limitare il consumo di questi grassi, ovvero i danni comprovati a carico del sistema cardiovascolare.

LO STUDIO – I grassi trans sono riccamente contenuti in cibi ‘trash’ come margarine, alimenti da fast food, merendine e snack industriali ed ancora in pizze surgelati o le confezioni di creamer per macchiare il caffè. Il frequente consumo di queste sostanze sembrerebbe influire sulla struttura cerebrale, in particolare l’ippocampo, deputata alla memoria e più sensibile agli stress ossidativi ed energetici. Questo, come tutta risposta all’azione nociva dei grassi-trans, ridurrebbe la qualità delle performance mnemoniche e cognitive proprio nella mezza età, intorno ai 45 anni, gli anni d’oro per la carriera professionale e in cui avere buona memoria può fare la differenza. La riprova arriverebbe da alcuni esperimenti condotti su poco più di mille adulti, di cui più della metà maschi, invitati a ricordare non solo delle parole apposte su una serie di 104 carte, ma anche se la carta in questione era vista per la prima volta oppure no. Parallelamente, tutti venivano testati sul consumo quotidiano di dTFA, in termini di grammi, attraverso un questionario ad hoc. Per ogni grammo di grasso trans, gli uomini con meno di 45 anni dimenticavano in media 11-12 parole rispetto a chi era più parco nell’assunzione di cibo-spazzatura. 

LE CRITICHE ALLO STUDIO – Stante i risultati preliminari emersi, ovvero che gli effetti dei grassi trans sulla memoria colpiscono prevalentemente i soggetti più giovani, la prima critica allo studio dovrebbe essere rivolta al fatto che non ha incluso bambini e giovani che potrebbero rappresentare una categoria particolarmente vulnerabile e a rischio. Aspetto sul quale concordano anche i nutrizionisti italiani che sottolineano anche come il consumo l’uso di alimenti ricchi di questo tipo di acidi grassi sia sicuramente più elevato in questa fascia di popolazione e che potrebbe riflettersi sulle limitazioni intellettuali successive dell’adulto. Ma, a questa, ci sono anche ulteriori obiezioni; prima fra tutte che occorrano, a dimostrazione, ulteriori studi. «I risultati ottenuti dalla ricerca americana - dichiara Pietro Migliaccio, medico nutrizionista e Presidente della Società Italiana di Scienza dell’Alimentazione - non sono sufficienti per affermare che i grassi trans possano condurre a delle alterazioni delle capacità intellettive in chi consuma alimenti con acidi grassi trans, tanto più che non si precisa  neppure durata, frequenza e quantità del consumo. Alimenti contenenti acidi grassi trans, indipendentemente dagli esiti della ricerca, devono essere per quanto possibile ridotti, se non azzerati, anche in relazione ai possibili danni cardiovascolari correlati che sono, invece, accertati e scientificamente validati. Una maggiore attenzione al consumo di questi grassi (e di ogni altra sostanza) è possibile con le nuove norme sulle etichette alimentari che devono riportare le componenti nutrizionali contenuti negli alimenti contribuendo così ad una dieta più controllata e sana».

Francesca Morelli


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