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Oncologia
Daniele Banfi
pubblicato il 28-09-2023

Biopsia del linfonodo sentinella: quando si può evitare?



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La biopsia può essere evitata nei casi di tumore al seno di piccole dimensioni e negativi all'esame ecografico per la presenza di metastasi nei linfonodi. Un passo avanti nel ridurre sempre di più il ricorso alla chirurgia preservando la qualità di vita

Biopsia del linfonodo sentinella: quando si può evitare?

In alcuni casi selezionati la biopsia del linfonodo sentinella può essere evitata. E' questo, in estrema sintesi, il messaggio che emerge da uno studio pubblicato da Jama Oncology ad opera dei ricercatori dell'Istituto Europeo di Oncologia di Milano (IEO). Un vantaggio non indifferente sia per evitare gli effetti collaterali associati alla procedura sia per ridurre i costi a carico del Sistema Sanitario Nazionale dovuti all'operazione e successiva analisi del tessuto.

A COSA SERVE LA TECNICA DEL LINFONODO SENTINELLA?

Ogni anno in Italia, secondo i dati dell'Associazione Italiana di Oncologia Medica, sono oltre 57 mila le nuove diagnosi di tumore al seno. Negli anni la malattia è diventata sempre più curabile, soprattutto quando il tumore viene diagnosticato in fase precoce. Per comprendere quali strategie di cura adottare è necessario conoscere la tipologia di carcinoma mammario e la sua stadiazione. Sapere se la malattia è localizzata o ha dato già luogo a possibili metastasi è fondamentale. Per capirlo negli anni è stata sviluppata una tecnica chiamata biopsia del linfonodo sentinella. Le cellule tumorali per diffondersi in altre parti del corpo utilizzano i vasi sanguigni e, più frequentemente, quelli linfatici. La presenza di cellule cancerose in questi ultimi fornisce una chiara informazione che il tumore si sta diffondendo e dunque occorre un approccio alla malattia più forte.

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L'EVOLUZIONE DEL METODO

In passato, per conoscere se le vie linfatiche erano pulite o erano state intaccate dalla malattia, si procedeva alla completa rimozione di tutti i linfonodi attraverso linfoadenectomia ascellare, una procedura invasiva e dagli importanti effetti collaterali. Non disponendo più dei linfonodi, rimossi attraverso lo svuotamento ascellare, il primo problema è lo sviluppo del linfocele, ovvero un accumulo di linfa limitato al cavo ascellare che può richiedere un drenaggio. In secondo luogo lo svuotamento può dare origine a problemi di natura sensoriale come riduzione della sensibilità, formicolii all’ascella e al braccio, senso di “cuscino” sotto l’ascella. Infine, il più invalidante sul lungo termine, è il linfedema. Si tratta di un lieve gonfiore del braccio o della mano dovuto alle difficoltà di drenaggio dovuti all’asportazione dei linfonodi. Nel tempo, grazie all'intuizione dell'equipe del professor Umberto Veronesi, si è però compreso che bastava asportare ed analizzare il primo dei linfonodi della rete linfatica che si dirama dalla ghiandola mammaria per capire la presenza di eventuali metastasi. Ecco da dove deriva il nome di "linfonodo sentinella", una procedura che ormai rappresenta la routine nelle sale operatorie.

LO STUDIO

Nello studio da poco pubblicato i ricercatori si sono spinti oltre domandandosi in quali casi è possibile conoscere l'evoluzione della malattia senza minimamente toccare i linfonodi preservando dunque la salute della donna? La domanda nasce da precedenti studi statunitensi che avevano dimostrato che era inutile proseguire con la dissezione ascellare anche in caso di uno o due linfonodi sentinella positivi. Nello studio italiano gli scienziati hanno prima selezionato le pazienti in base alle caratteristiche della malattia. Le probabilità che il tumore abbia dato luogo a metastasi sono molto minori in caso di neoplasia localizzata di piccole dimensioni. Ecco perché l'analisi ha coinvolto oltre 1400 donne con tumore al seno di dimensioni al di sotto dei 2 centimetri e negative per la presenza di metastasi grazie all'analisi con ecografia ascellare, metodo di imaging diagnostico. Nello studio metà delle partecipanti sono state sottoposte a biopsia del linfonodo sentinella, l'altra metà a nessuna procedura poiché "pulite" all'analisi ecografica. Successivamente all'operazione della rimozione del tumore e alle eventuali successive terapie chemioterapiche, gli scienziati hanno valutato la sopravvivenza libera da malattia dopo 5 anni. Risultato? Nessuna differenza. Le pazienti con tumori piccoli che non mostrano linfonodi intaccati dalle metastasi all'ecografia ascellare possono evitare qualsiasi forma di chirurgia all'ascella, anche il prelievo del linfonodo sentinella, con la certezza che la loro terapia sarà ugualmente efficace.

VANTAGGI E PROSPETTIVE FUTURE

«Questo risultato -spiega Paolo Veronesi, presidente della nostra Fondazione e Direttore del Programma Senologia allo IEO- è di particolare rilevanza in quanto pone le basi per un cambiamento nella pratica clinica per un gran numero di donne. Ad oggi si calcola che almeno il 70% delle donne presentano quelle caratteristiche tali da poter evitare di sottoporsi alla biopsia del linfonodo sentinella. Anche se si tratta di un intervento poco invasivo rispetto alla rimozione di tutti i linfonodi ascellari, come tutti gli interventi chirurgici può avere delle complicanze come infezioni, versamenti di sangue, siero o linfa e riapertura della ferita». Non solo, il vantaggio si traduce anche in minori cosi per la struttura sanitaria e in ultima analisi per il Servizio Sanitario Nazionale. «Anche se servirà ancora del tempo e l'accumularsi di ulteriori dati, la strada perché questo modo di affrontare la malattia diventi routine è tracciata. Oggi abbiamo raggiunto e superato una nuova tappa nel cammino intrapreso da mio padre Umberto per ridurre al minimo l'impatto del cancro al seno sulla vita della donna. In questo percorso la chirurgia vedrà ridurre sempre di più la sua invasività» conclude Veronesi. 

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Daniele Banfi
Daniele Banfi

Giornalista professionista è redattore del sito della Fondazione Umberto Veronesi dal 2011. Laureato in Biologia presso l'Università Bicocca di Milano - con specializzazione in Genetica conseguita presso l'Università Diderot di Parigi - ha un master in Comunicazione della Scienza ottenuto presso l'Università La Sapienza di Roma. In questi anni ha seguito i principali congressi mondiali di medicina (ASCO, ESMO, EASL, AASLD, CROI, ESC, ADA, EASD, EHA). Tra le tante tematiche approfondite ha raccontato l’avvento dell’immunoterapia quale nuova modalità per la cura del cancro, la nascita dei nuovi antivirali contro il virus dell’epatite C, la rivoluzione dei trattamenti per l’ictus tramite la chirurgia endovascolare e la nascita delle nuove terapie a lunga durata d’azione per HIV. Dal 2020 ha inoltre contribuito al racconto della pandemia Covid-19 approfondendo in particolare l'iter che ha portato allo sviluppo dei vaccini a mRNA. Collabora con diverse testate nazionali.


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