Etichette appiccicose: salute mentale e stigma
Quanto ci mettiamo a etichettare persone che soffrono come "matti" o "golosi, pigri, scansafatiche"?
Ieri stavo aiutando mia figlia Bianca (7 anni compiuti da poco) ad attaccare delle etichette adesive con i nomi degli animali. L’ho aiutata a staccare un’etichetta, finita sulla pagina sbagliata, con grandissime difficoltà: ci è voluto un attimo ad attaccarla ma è stato difficile, anzi impossibile, staccarla senza romperla e lasciare tracce appiccicose.
Mi ha fatto ricordare il dolore di tanti miei pazienti, etichettati come “matti” per un semplice e curabilissimo disturbo d’ansia, o come “golosi, pigri e scansafatiche” per un’obesità bisognosa di cure.
Per loro è stato un attimo essere etichettati, ma è stato difficile e lunghissimo liberarsi dello stigma (letteralmente, il marchio) legato alla loro sofferenza fisica e mentale.
Se ci vengono facili commenti o giudizi di questo tipo, pensiamo all’insostenibile appiccicosità dell’essere un’etichetta. Chissà che ci venga l’idea di non usarla.
PS la mia vita è cambiata da quando uso scotch ed etichette con adesivi rimovibili. Magari ci fossero anche per i giudizi inutili.