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Redazione
pubblicato il 27-02-2014

Per diagnosi più accurate serve una rete di eccellenze



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Un terzo delle diagnosi di tumore raro è poco accurata, se non in alcuni casi addirittura sbagliata

Per diagnosi più accurate serve una rete di eccellenze

I dati parlano chiaro: un terzo delle diagnosi di tumore raro è poco accurata, se non in alcuni casi addirittura sbagliata, e pregiudica la scelta di una terapia appropriata a beneficio del paziente. Un problema risolvibile secondo Paolo Dei Tos, direttore del Dipartimento di Oncologia e Anatomia Patologica dell’Ospedale Ca’ Foncello di Treviso, con  «la richiesta di un secondo consulto medico e la collaborazione in rete dei centri di eccellenza».

Concordano anche gli altri specialisti in tumori rari, italiani ed europei, intervenuti alla tavola di lavoro sul tema organizzata dall’European Society of Medical Oncology (ESMO), lo scorso 11 febbraio a Bruxelles. Il confronto aperto, presto in un documento, ha sottolineato la necessità di istituire sui territori nazionali dei network di eccellenze oncologiche, con anche una centralizzazione della diagnosi. L’esempio di efficienza sanitaria già esiste in Francia: venti istituti sono stati dichiarati idonei alla diagnosi di tumori rari, tre centri invece hanno l’esclusivo compito di supervisionarne i referti, fornendo un secondo parere medico.

In Europa la situazione è frammentaria e i sistemi sanitari nazionali, diversi nei Paesi, giocano un ruolo centrale nella fattibilità di istituire simili collaborazioni strutturate. In Italia dal 2003 è attiva la Rete nazionale Tumori Rari, coordinata dalla Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori di Milano e a cui afferiscono un centinaio di centri da tutte le regioni, una piattaforma che condivide diagnosi, casi clinici e ricerca, per orientare i medici e facilitare il percorso assistenziale ai pazienti. Al momento punto di riferimento solo per i tumori solidi dell’adulto, è un primo passo ma non risolutivo.

«Mancano le risorse economiche per una struttura più capillare. Oggi riusciamo a offrire ai pazienti con sarcoma un secondo consulto, correggendo diagnosi anche a distanza di anni – prosegue Dei Tos – Curare male genera ulteriori degenza e secondi interventi, aumenta il rischio di recidive e mortalità: la rete serve a portare competenze dove non ci sono, evitando al paziente di spostarsi fuori regione o all’estero»


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