Chiudi

Covid-19: conciliare le libertà individuali con i diritti di tutti

La sfida alla pandemia e il rapporto tra interessi personali e collettivi. L'«io» tende a prevalere sul «noi»

Covid-19: conciliare le libertà individuali con i diritti di tutti

La rivoluzione sessantottina ha inaugurato una tendenza a ribaltare il tradizionale rapporto fra doveri e diritti, a favore di un egoismo spregiudicato che traeva la sua presunta legittimazione dal divieto di limitare la libertà individuale: prima l’io, tutto il resto a seguire.


Un cambiamento ideologico così radicale - oggi niente affatto affievolito e talora degenerato in diseducativi inviti al «menefreghismo» più smaccato - è diventato nella fase di pandemia di Covid-19 il vessillo degli irresponsabili e indisciplinati, uniti lancia in resta nel condannare uso della mascherina, confinamento e distanziamento fisico (per non dire dell’ostilità ai vaccini). In nome di che? Ma della libertà, ovviamente, sottintendendo «la mia». C’è ben più che disprezzo, nell’illogicità di quel ragionamento: se tutti l’applicassimo, sarebbe guerra permanente. Il massimo grado di libertà è garantito proprio dove se ne definiscono con rigore i limiti. Diversamente si apre all’anarchia, alla prepotenza e alla legge selvaggia del forte verso il vulnerabile.

Nessuno oggi si sogna di rivendicare la libertà di non indossare il casco in moto o le cinture in auto. Il bene pubblico che vi è tutelato (minori sofferenze per le vittime d’incidenti e dei loro cari, minori spese sanitarie per i contribuenti, minori danni economici in termini di ore lavorative risparmiate) supera di gran lunga il disagio per la restrizione della libertà individuale. Anche per i vaccini si dovrebbe ragionare in modo analogo. Nei reparti di cure intensive il personale sanitario dovrebbe sentire l’obbligo morale di vaccinarsi contro l’influenza, per esempio, per evitare d’infettare i soggetti malati, più esposti a complicanze.


Lo Stato - vista l’inevitabilità di un inasprimento della pandemia per l’autunno e la conseguente necessità di discriminare i due tipi di contagio - dovrebbe incentivare quel genere di profilassi per tutta la popolazione e mettere in atto fermi dispositivi di dissuasione nei confronti dei recalcitranti.

 

Giorgio Macellari è chirurgo senologo, docente di Bioetica, scuola di specializzazione in chirurgia dell'Università di Parma





Commenti (0)

Torna a inizio pagina