Medici distratti e pazienti disinformati: dagli specialisti sul tumore del polmone le raccomandazioni per aiutare a smetter di fumare chi è in cura per tumore
Smettere di fumare fa sempre la differenza, anche per chi ha ricevuto una diagnosi di tumore, e i medici curanti dovrebbero agire di conseguenza. Lo hanno ribadito sabato scorso gli esperti dell’Associazione internazionale per lo studio del tumore polmonare (IASLC) nel corso del principale meeting dedicato al cancro del polmone in corso a Barcellona.
LE RACCOMANDAZIONI (A MEDICI E RICERCATORI)
L'Associazione, che riunisce 6.500 specialisti di tumore del polmone da un centinaio di paesi diversi, ha diffuso una dichiarazione con una serie di raccomandazioni molto chiare:
- a tutti i pazienti oncologici bisognerebbe chiedere se fumano e spiegare i benefici della disassuefazione dal tabacco
- nel caso di pazienti che fumano dopo la diagnosi di cancro si dovrebbe integrare l’assistenza per la smoking cessation all’interno delle cure multidisciplinari previste per i malati e le loro famiglie
- i programmi di formazione in oncologia dovrebbero comprendere un addestramento alla disassuefazione dal fumo, l’insegnamento della storia dell’uso di tabacco, della sua cessazione e sull’utilizzo delle risorse utili ed efficaci per abbandonare i prodotti da fumo
- l’aiuto per smettere di fumare e i trattamenti utili dovrebbero essere servizi rimborsabili
- lo status di fumatore o non fumatore dovrebbe essere un dato noto all’inizio e durante ogni studio clinico prospettico (cioè non retrospettivo, ndr)
- le sperimentazioni cliniche che coinvolgono pazienti con un tumore dovrebbero anche cercare di determinare quali siano gli interventi più efficaci per aiutare a smettere di fumare.
MEDICI ANCORA POCO ATTIVI
I destinatari del documento sono i medici, che secondo l’IASLC ancora oggi sottovalutano l’importanza dell’argomento fumo di fronte a un uomo o una donna con una diagnosi di cancro. Come riportato nel documento, circa il 90 per cento dei medici chiede a un paziente oncologico se fuma, l’80 per cento gli consiglia di smettere, ma sono poi molto pochi coloro che offrono un’assistenza concreta per liberarsi del tabagismo. Jacek Jassem, a nome del Comitato per la disassuefazione dal fumo dell’associazione, ha spiegato: «È stato un problema trascurato troppo a lungo nella formazione degli operatori sanitari. Molti medici credono ancora che al momento della diagnosi sia troppo tardi per offrire un aiuto a smettere di fumare e, al tempo stesso la gran parte dei pazienti crede che non ci sia nessun vantaggio a smettere una volta colpiti da un cancro». Tradotto: ormai cosa cambia?
PERCHÈ SMETTERE SERVE ANCHE DOPO LA DIAGNOSI
Cambia molto, se si considera che continuare a fumare influisce negativamente sulle terapie antitumorali, è associato a un aumento della mortalità e del rischio di nuovi tumori, peggiora sensibilmente la tossicità delle terapie, risultando alla fine anche in un aumento dei costi del trattamento. Secondo le stime circa un quarto dei pazienti oncologici è costituito da fumatori e poco meno della metà (40%) da ex fumatori. Bisogna sapere che smettere di fumare è uno fra i fattori più importanti e meno costosi per migliorare l'esito delle cure e anche la qualità di vita, durante e dopo i trattamenti.
Donatella Barus
Giornalista professionista, dirige dal 2014 il Magazine della Fondazione Umberto Veronesi. E’ laureata in Scienze della Comunicazione, ha un Master in comunicazione. Dal 2003 al 2010 ha lavorato alla realizzazione e redazione di Sportello cancro (Corriere della Sera e Fondazione Veronesi). Ha scritto insieme a Roberto Boffi il manuale “Spegnila!” (BUR Rizzoli), dedicato a chi vuole smettere di fumare.