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Edoardo Stucchi
pubblicato il 05-05-2015

Anche il rene può arrivare da una persona viva



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Per incrementare il numero di trapianti, la legge consente a tutti di donare un organo in vita, purché non ci sia “commercio”. Procedura possibile anche tra persone con gruppo sanguigno non compatibile

Anche il rene può arrivare da una persona viva

Si è concluso con un segno positivo l’anno 2014 per i trapianti di organo nel nostro Paese, con un totale, secondo i dati del Centro nazionale trapianti, di 2976 interventi eseguiti: 135 in più rispetto al 2013). Cresce complessivamente l’intera attività, con alcune peculiarità: rene e fegato hanno registrato un incremento decisivo, arrivando rispettivamente a 1586 (85 in più rispetto al 2013) e 1056 interventi (58 in più rispetto al 2013); restano sostanzialmente stabili i trapianti di cuore, 226 (7 in più rispetto all’anno precedente) mentre sono 126 quelli di polmone (15 in meno rispetto al 2013, anno straordinario in questo settore, ma 12 in più rispetto al 2012).  

 

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UN RENE DA VIVENTE

A contribuire ad incrementare l’attività per il rene sono i trapianti da donatore vivente, che l’anno scorso sono stati 252, meno del 10% sul totale, anche se in crescita: 26 in più rispetto al 2013 e 62 rispetto al 2012. Pochi rispetto all’attività straniera, dove i trapianti di rene raggiungono percentuali dal 20 al 50%, dal sud al nord Europa.  Come mai siamo il fanalino di coda in questo settore? Lo abbiamo chiesto a Giacomo Colussi, direttore del reparto di nefrologia dell’ospedale di Niguarda a Milano, centro di punta nella storia della trapiantologia italiana. «Il primo trapianto di rene con esito favorevole al mondo, eseguito nel 1954, è stato eseguito da un donatore vivente, gemello del ricevente. Purtroppo, poi, questa opportunità è stata accantonata per lasciare il posto alla trapiantologia da cadavere, ma ha ripreso vigore in quanto la donazione da cadavere non è in grado di far fronte alla richiesta. La scelta di donare un rene da vivente può cambiare la vita dei trapiantati. L’organo è spesso più giovane, più sano rispetto alla tipologia media dei reni da donatore deceduto, e soprattutto non va incontro ai danni connessi col prelievo. La sopravvivenza nel tempo, infatti, è in media più alta per gli organi da vivente. Il vantaggio è tanto maggiore quanto più breve è la persistenza in dialisi. Il trapianto da vivente è quindi quello che può ottenere in assoluto i maggiori benefici per un paziente con insufficienza renale terminale». 

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ORGANO FUNZIONALE

Quindi è meglio un rene da vivente che da un cadavere? «Sì - spiega Colussi - perché il rene da cadavere soffre nelle ore di osservazione “post-mortem” previste dalla legge, nelle ore successive al prelievo prima del trapianto e al momento stesso della rivascolarizzazione. Il complesso di questi “danni” penalizzano la funzione d’organo di circa il 20-30%. Non va poi dimenticato il fattore età: ormai oltre il 50% dei donatori in Italia ha più di 60 anni. In alcuni casi siamo costretti a trapiantare due organi invece di uno quando la funzione renale del donatore è inferiore ad un limite permissivo per il trapianto in singolo. Questo limita ovviamente il numero dei pazienti che ricevono il trapianto. Il rene da donatore vivente, invece, viene trapiantato subito. Ecco perché la chirurgia dei trapianti si è diretta verso la strada dei donatori viventi  Fino all’anno scorso eravamo al 10% sul totale dei trapianti, ma ormai ci stiamo avvicinando a percentuali quasi doppie». 

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SERVE FARE INFORMAZIONE

Come si può incrementare la donazione da vivente? «Innanzitutto con l’informazione, perché la gente e forse anche qualche medico non sanno che esiste questa opportunità e non ne conosce i vantaggi. Un comune errore è credere che si possa fare trapianto solo tra consanguinei. In verità tutti possono donare un organo a chiunque. Si sono avuti casi di donatori “samaritani”, persone che hanno donato un organo in modo “non diretto”, cioè in modo anonimo, a persone in lista di trapianto da cadavere. Qui a Niguarda abbiamo cominciato a trapiantare organi da vivente anche fra persone con gruppo sanguigno non compatibile, preparando il ricevente mediante una procedura di “desensibilizzazione”. Alcune coppie non possono procedere alla donazione per la presenza di anticorpi preformati contro il donatore: è quel che succede ad alcune donne che, durante la gravidanza, hanno prodotto anticorpi nei confronti del marito. In questo caso  si può considerare la donazione “crociata”, cioè la donazione di un organo tra coppie incompatibili al loro interno, ma compatibili scambiando donatori e riceventi. È inoltre fondamentale tranquillizzare i donatori relativamente alla loro salute: la loro sopravvivenza e le condizioni di salute del donatore sono sovrapponibili a quelle della popolazione generale. Si vive cioè con un solo rene tanto a lungo e tanto bene quanto con due». 

 


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